Un modello costruito durante un recente sales meeting di ABB 1

Con le nostre mani possiamo cambiare il mondo?

Lo abbiamo chiesto a Marcos Sanchez. E le risposte meritano una lunga riflessione.

Nel 2003 Ben Harper pubblicava il singolo With My Own Two Hands, estratto dall’album Diamonds On The Inside. Poche ore dopo la sua pubblicazione, appassionati di musica ovunque nel mondo cantavano due versetti dalla semplicità straordinaria, ballando un reggae che molti di noi ricorderanno per sempre: “I can change the world with my own two hands. Make a better place with my own two hands. Make a kinder place”. Posso cambiare il mondo con le mie mani. Costruire un posto migliore con le mie mani. Creare un posto più gentile. Parole chiare, comprensibili a tutti. Apparentemente scontate. E tuttavia così dense di significato da permettere a chiunque di fermarsi a riflettere, anche solo per un attimo, sulle proprie potenzialità. Su quello che, dal basso, possiamo fare per cambiare il mondo. Il nostro mondo. Quello piccolo, vicino a noi. Che poi è sempre parte di quello grande che potrebbe nel tempo godere delle nostre belle piccole azioni. 

E poi arriva l’inizio del 2022, quando Corefab società benefit conosce Marcos Sanchez (oggi nel nostro staff: clicca qui). L’incontro è fantastico. Anche se non ne nasce una hit musicale. Anche se nessuno canta le nostre gesta. Ma le mani e quello che le mani possono fare per cambiare il nostro piccolo mondo rimangono centrali. Marcos è facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY®. Marcos ci fa notare, lo ha imparato bene, che pensiamo per lo più con le nostre mani. Che tutto ciò che facciamo con le nostre mani riesce a raggiungere più facilmente il cuore. Riesce ad essere consapevolizzato prima. E riesce a fare la differenza. In noi e in chi ci sta intorno.

E allora Marcos, perché le nostre mani sono tanto importanti?

Le nostre mani hanno un potere incredibile grazie alla stretta connessione con il nostro cervello. Sono come il Google del nostro cervello, ci permettono di fare da motore di ricerca estraendo tutta quella conoscenza che sappiamo ma non sappiamo di sapere. Liberano intuito, ispirazione e immaginazione. 

La paperella Lego, uno strumento per iniziare i partecipanti alle nostre attività con mattoncini. 

Nel contesto aziendale, e non solo, come le nostre mani possono aiutare noi stessi e i nostri colleghi a costruire relazioni solide?

Le nostre mani ci aiutano a far emergere tutta quella conoscenza inconscia ed intuitiva con cui tutti i giorni prendiamo le decisioni ed agiamo. Prendendo consapevolezza di questa conoscenza riusciamo a comunicare meglio con noi stessi e con gli altri. Siamo dunque capaci di prendere decisioni migliori sia individualmente che in team.

D’altra parte, con le mani creiamo, costruiamo, disegniamo, scriviamo, diamo forma alle cose. E tutto ciò che è una nostra creazione assume un grande valore, soprattutto per l’individuo che ha creato. Dare forma a ciò che per noi è importante e di valore ci permette di trasmettere concretamente all’esterno chi siamo realmente. Questa trasparenza e vulnerabilità ci permettono di generare empatia, fiducia e costruire relazioni solide con gli altri.

Cos’è esattamente LEGO® SERIOUS PLAY®?

LEGO® SERIOUS PLAY® è una metodologia di facilitazione dei processi di pensiero, comunicazione e problem solving per persone, team e organizzazioni attraverso l’utilizzo di mattoncini LEGO®. I partecipanti ai workshop costruiscono modelli con i mattoncini per rispondere alle domande del facilitatore, per condividere il loro pensiero al gruppo e per riflettere insieme. Partendo dai modelli di ogni singolo partecipante è possibile costruire modelli comuni, scenari, sistemi, connessioni che permettono di analizzare e risolvere problemi complessi in azienda come lo sviluppo di strategie, l’identificazione di visione e valori, lo sviluppo del team, la gestione del cambiamento e molte altre situazioni.

LEGO® SERIOUS PLAY® è un Gioco Serio, cioè un’attività seria in un contesto di gioco finalizzata al raggiungimento di un obiettivo, in cui tutti partecipano attivamente ai processi decisionali e ogni persona viene valorizzata con le sue idee e pensieri.

Marcos Sanchez a Napoli durante l’attività #FocusOnYourGoals con il team di Fanpage.

Qual è il tuo percorso di studi? Come legarlo alla tua passione per i LEGO® e alla tua attività di facilitatore?

A titolo professionale sono un Ingegnere Gestionale. La scelta del percorso deriva dal fatto che sono sempre stato affascinato dalla complessità e sistematicità delle organizzazioni. Mi piace paragonare le aziende all’organismo umano in quanto entrambi sono sistemi altamente complessi, in cui ogni singolo elemento ha una sua importanza e valore per permettere al sistema intero di funzionare perfettamente.

Durante il mio percorso di studi, essendo un gran appassionato e collezionista di LEGO®, scopro la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® nata appositamente per il business come strumento per risolvere i problemi complessi delle organizzazioni. Il mix delle competenze di gestione delle organizzazioni, le tecniche di facilitazione e la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® mi permettono di fare da “dottore” delle aziende per curare i problemi, accompagnare nei processi di cambiamento, aiutare a ottimizzare le performance e i risultati. 

C’è un momento in cui hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?

Sì, dal primo giorno che ho sperimentato come partecipante un workshop LEGO® SERIOUS PLAY®. Ho vissuto con le mie mani le sue potenzialità e l’impatto che ha generato nel gruppo di lavoro. In qualche modo è come se mi si fosse aperto un mondo. Ho visto davanti ai miei occhi concretizzarsi pensieri ed idee con una tale chiarezza, che fino a quel momento non ero ancora riuscito ad acquisire. Ho visto lo stesso effetto anche negli altri partecipanti ed è stato davvero impattante. È davvero difficile da descrivere a parole, certe cose vanno vissute direttamente. Invito chiunque abbia un pochino di curiosità nei confronti della metodologia a partecipare ad un workshop, vale assolutamente la pena vivere questa esperienza!

Come il contesto familiare può aiutare a sviluppare il nostro potenziale?

La famiglia è un’organizzazione, la prima organizzazione in cui evolviamo, veniamo educati e cresciamo. Come tale ha un’importanza vitale e fondamentale per lo sviluppo del nostro potenziale. Qualcuno dice che siamo il risultato delle 5 persone che più frequentiamo. E sicuramente, almeno in giovane età, l’età dello sviluppo, la famiglia è quella che più frequentiamo. Mi piace vedere la famiglia come l’unità elementare, una cellula della nostra società. Credo che quanto più queste cellule saranno sane, forti, solide, tanto più l’intero organismo (società) lo sarà di conseguenza. In questo condivido pienamente le tue parole iniziali “Su quello che, dal basso, possiamo fare per cambiare il mondo. Il nostro mondo. Quello piccolo, vicino a noi. Che poi è sempre parte di quello grande che potrebbe nel tempo godere delle nostre belle piccole azioni.” La famiglia è un piccolo mondo, ma è anche in questo contesto che si costituiscono le fondamenta su cui costruire grandi mondi.

E con Corefab, quale strada hai iniziato? Dove pensi si possa arrivare?

Con Corefab ho intrapreso la strada del sorprendere, stupire e di quella favolosa magia con la quale vogliamo trasmettere valori autentici, puri e sani. Credo che il cuore con cui progettiamo ed eroghiamo le attività facciano la differenza in quanto mettiamo al centro le persone con il loro valore, i loro talenti, le loro qualità, le loro visioni, aspirazioni e desideri. È così che vogliamo fare il nostro per cambiare il mondo. È così che possiamo cambiare il mondo, quello piccolo vicino a noi.

Marco Menoncello
ABB lavora con Corefab

Il coraggio di organizzare un non-sales meeting per ascoltare le persone

La parola a Veronica Meloni, HR Business Partner di ABB

Ho conosciuto Veronica in un’occasione molto speciale. Provo a sintetizzare.

ABB cercava di organizzare l’annuale sales meeting per il Local Sales e Service unit della Divisione Measurement & Analytics.

Tuttavia i manager dell’organizzazione hanno fatto emergere che i loro collaboratori avessero bisogno di qualcosa di diverso da un meeting tradizionale con case e dati, con performance e indicazioni, seppur preziose, sullo stato delle cose.

Forse perché, “lo-stato-delle-cose-in-azienda” include obbligatoriamente anche tutti quei rapporti personali che riguardano le persone, e le loro relazioni, in senso stretto. E ancora “lo-stato-delle-cose-in-azienda” non può prescindere dalle persone che, di fatto, l’azienda la vivono e fanno crescere tutti i giorni. Così, con l’appoggio dei colleghi Paolo Fumagalli, Loredana Tullio e Valerio Pazzini e con il supporto di Corefab società benefit, quel sales meeting è diventato, in men che non si dica, un “non-sales meeting”.

E infatti, con grande partecipazione organizzativa di tutti i soggetti citati, la riunione annuale si è trasformata in una due giorni di workshop e team building con un duplice obiettivo: analizzare gli stereotipi aziendali e mettere, nero su bianco, le perplessità, debolezze e paure di tutti i collaboratori; trasformare questi stereotipi in modello positivi, così da rafforzare le collaborazioni in essere ed approfondire la conoscenza reciproca dei partecipanti.

E senza andare oltre, chiediamo alla diretta interessata, come è stato.

● Veronica, ben trovata. Iniziamo dalla fine: come ti sei sentita al termine dell’evento organizzato insieme?

Mi sono sentita soddisfatta ed entusiasta. Sono stati due giorni unici e davvero ricchi di emozioni ed opportunità.

● Ora, torniamo all’inizio, con quella domanda da cui siamo partiti: quale fu il tuo primo lavoro? Cosa hai avuto l’occasione di imparare?

Il mio primo lavoro?

A 16 anni mi sono ritrovata a fare da baby-sitter ad una bambina di 6. Il mio insegnante di Aikido aveva bisogno di qualcuno che aiutasse la sua unica figlia con i compiti così, mi propose il “lavoro” ed io accettai con curiosità ed anche un po’ di timore.

Ho imparato a prendermi cura di lei, a cercare di capirla ed ho capito che mi piaceva molto vederla crescere e mi dava soddisfazione quando ascoltava i miei suggerimenti…   tant’è che ancora oggi nel mio lavoro cerco di prendermi cura delle persone e di capirle…

● Quindi, perché un non-sales meeting? E perché un lavoro di approfondimento sugli stereotipi aziendali?

Dopo più di due anni di pandemia, di distanza e di cambiamenti organizzativi dettati dalla nostra organizzazione globale avevamo tutti bisogno di ritrovarci.

Così avevo proposto a Paolo Fumagalli (Local Division and Sales Manager) di pensare ad un meeting, magari un po’ d’ispirazione e lui ha pensato di organizzare un Sales Meeting.

Poi però, ci siamo resi conto che avevamo bisogno di cercare di andare oltre. ABB è molto attenta ai temi della D&I, ha lanciato un manifesto e abbiamo diversi gruppi di colleghi volenterosi e volontari che stanno lavorando sui temi del gender, generation e abilities.

Già dall’anno scorso abbiamo lavorato sui temi del pregiudizio e proprio grazie a tutti questi spunti abbiamo pensato di concretizzare dei concetti nel nostro vissuto quotidiano, per le nostre persone. Il supporto di Loredana (Hub Marketing & Communication Manager) è stato fondamentale.

Già dall’anno scorso abbiamo lavorato sui temi del pregiudizio e proprio grazie a tutti questi spunti abbiamo pensato di concretizzare dei concetti nel nostro vissuto quotidiano, per le nostre persone. Il supporto di Loredana (Hub Marketing & Communication Manager) è stato fondamentale.

● Qual è stata la reazione dei collaboratori di ABB? Avete fatto una survey conclusiva? Di cosa credi che abbia beneficiato il gruppo, in particolare?

Tutti i colleghi sono stati entusiasti, hanno tutti apprezzato tantissimo e ci hanno ringraziato per l’evento, l’esperienza è stata unica. Anche la survey è stata un successo (nessuno si è lamentato… : – ) ).

Probabilmente l’effetto sorpresa in crescendo è stato l’altro fattore vincente ma la cosa che credo sia stata davvero apprezzata è che abbiamo parlato di loro, dei loro bisogni, abbiamo messo al centro loro e di come quotidianamente si può superare un pregiudizio a seconda dell’atteggiamento che si vuole adottare.

Oltre al fatto che ritrovarsi tutti insieme dopo più di due anni, ti permette di vivere quella dimensione della condivisione di emozioni che probabilmente tramite un video e le mail si erano un po’ perse.

● Nella progettazione dell’evento hai avuto modo di riflettere con un giovanissimo Marcos Sanchez, facilitatore esperto di processi: quanto è stato importante collaborare con lui?

Marcos, così come Marco, ci hanno aiutato a tradurre i nostri pensieri nell’attività “formativa” e di team building.

Noi abbiamo dato lo spunto sugli stereotipi delle funzioni e lui ci ha guidato sul come costruirla, mi è piaciuto molto il suggerimento di passare dallo stereotipo negativo al modello positivo, ha arricchito moltissimo l’esperienza ed ha creato poi il collegamento all’attività del secondo giorno: la svista che è stato un altro momento davvero emotivamente coinvolgente, arricchito ulteriormente dalla presenza di Daniele Cassioli.

● Durante l’evento ti ho visto emozionata, più volte, per merito delle potenti parole di Daniele Cassioli. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Non conoscevo Daniele e sono stata potentemente e positivamente rapita dalle sue parole e dal suo esempio.

La sua autoironia è fantastica e non trovo un termine solo per definire lui perché è stato davvero emotivamente coinvolgente, unico ed eccezionale.

Mi sono emozionata perché ha espresso dei concetti davvero chiave per la vita di ciascuno che si possono applicare al mondo del lavoro ma anche e soprattutto alla vita di tutti giorni.

Ciò che mi è entrato dentro è quanto sia importante l’atteggiamento, Daniele ce l’ha raccontato condividendo la sua esperienza di vita ma ognuno di noi può davvero fare la differenza se lo vuole e per me, che lavoro nella funzione risorse umane è fondamentale tenerlo ben in mente.

Ci ha parlato del tema della fiducia… insomma tanti tanti spunti arricchenti e fermarsi a riflettere non ci è sempre concesso.

● Noi di Corefab ripetiamo in continuazione che #siamotuttiindispensabili. L’abbiamo fatto diventare un hashtag, un credo, un mantra. Vale anche in ABB?

Aggiungere Unici e quindi sì, vale sicuramente anche per ABB che chiede alle sue persone di mettersi in gioco con coraggio, prendendosi cura di quello che fanno collaborando con curiosità e questi sono i valori di ABB quindi direi che siamo più che allineati.

● Nel tuo ruolo, cosa puoi suggerire ai più giovani per vivere al meglio le relazioni professionali nel luogo di lavoro?

Quello che dico spesso è che passiamo al lavoro tantissimo tempo ed è per questo fondamentale costruire relazioni positive, di collaborazione e di fiducia reciproca.

Questo ci permetterà di crescere sempre, sia professionalmente ma anche umanamente. Il creare relazioni costruttive ci permetterà di poter condividere anche i momenti di difficoltà perché come nella vita privata anche nella vita professionale si incontrano, ma questo non deve spaventare ma deve essere elemento di stimolo per fare di meglio chiedendo anche l’aiuto o il supporto ad un collega o al proprio responsabile.
Quindi concludo ringraziando i miei compagni di avventura, Loredana, Valerio che ci ha seguito e Paolo che ci ha creduto; voi tutti di Corefab che ci avete aiutato e Daniele che ci ha ispirato. Un’esperienza unica, arricchente e per me questo rappresenta bell’inizio…

Marco Menoncello