Monitorare andamento attività di team building

Team building: 5 ragioni per cui è importante monitorare l’andamento delle attività.

L’attività di team building è sempre un momento speciale nella vita di un’azienda. Chi ne organizza con finalità meramente ludiche, per far divertire i partecipanti e permettere a tutti di stare bene insieme, staccando la spina dalla routine lavorativa quotidiana. Chi preferisce abbinare un tema all’attività, cercando di generare un impatto diverso sui partecipanti e con l’intenzione di renderla un’esperienza formante a tutti gli effetti. Chi invece abbina l’attività di team building a dei percorsi di formazione ancora più strutturati, con il chiaro intento di mettere in pratica metaforicamente quanto si è appreso. 

Insomma, qualunque sia il caso, l’attività di team building si pianifica, si organizza, si fa e poi finisce. E quando finisce giunge il momento di raccogliere le sensazioni dei partecipanti. Secondo noi di CoreFAB ci sono almeno 5 ragioni per cui deve essere considerato fondamentale intervistare le persone al termine di un’attività di team building. 

Indice gradimento attivita di team building
Lo staff di Tecnomat compila il sondaggio al termine della versione natalizia di #Foodietales

Monitorare il comportamento dei partecipanti consente di valutare l’efficacia dell’attività di team building. Analizzando le risposte e le reazioni, è possibile comprendere se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e se l’esperienza ha avuto un impatto positivo sulla coesione e la collaborazione del team. Attenzione, non si tratta meramente di comprendere l’indice di gradimento dell’attività, ma di porre una serie di domande che possano permetterci di verificare quale sia stata l’interpretazione che le persone hanno avuto dell’attività svolta. E farne seguire una corretta interpretazione. 

Osservare il comportamento delle persone fornisce preziose informazioni su quali elementi dell’attività di team building hanno avuto maggior successo e quali potrebbero essere migliorati. Questi dati consentono di adattare e ottimizzare le strategie future, creando esperienze più personalizzate e mirate. In questo caso, non stiamo parlando tanto degli organizzatori (che in ogni caso non possono prescindere dal monitoraggio delle proprie attività), ma ancora delle risorse dell’azienda. Ogni questionario, se ben posto, può fornire preziose informazioni su quello che potrà essere organizzato, con ancora più successo, in futuro. 

L’analisi del comportamento post-attività può rivelare nuove dinamiche di gruppo e individuare talenti o leadership emergenti. Capire come le persone si relazionano e emergono in situazioni di team building può essere un indicatore utile per lo sviluppo del talento e la pianificazione successiva delle risorse umane. Non dimentichiamo infatti quanto l’attività di team building possa essere considerata, sempre e comunque, un potentissimo rompighiaccio capace di rimescolare le carte in gioco, capace quindi di rimodulare i ruoli definiti dall’organigramma. L’attività di team building è un “palco” sul quale le persone tornano ad essere semplicemente se stesse, dimenticando ciò che ogni giorno fanno in azienda. 

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Lo staff di Chromavis Fareva compila il questionario al termine di una sessione di #Orienteering

Tracciare il comportamento dei partecipanti, interpretando le risposte consegnate, aiuta a misurarne il livello di coinvolgimento e motivazione. Questi dati forniscono informazioni vitali sulla soddisfazione complessiva e sull’entusiasmo del team, elementi cruciali per mantenere un ambiente di lavoro positivo e produttivo. Ma anche utilissimo agli organizzatori così come ai referenti aziendali con cui si organizza l’attività, per progettare scenari futuri sempre più adatti alle dinamiche del gruppo di colleghi, dei propri team di lavoro. 

Presentare dati concreti sul comportamento post-attività attraverso report strutturati consente ai professionisti delle risorse umane e ai manager aziendali di comunicare chiaramente i risultati ottenuti. E permette alla risorse in azienda di attribuire un valore concreto alle attività organizzate. In altre parole, è anche un modo molto semplice e inequivocabile per fidelizzare il proprio team, il proprio gruppo di colleghi, trovando nuovi spunti per aprire dibattiti e cercare di rendere sempre più inclusivo l’ambiente di lavoro. 

Noi di CoreFAB la pensiamo così. E cerchiamo di fare del nostro meglio per ottenere dati interessanti ogni anno. Come? Intervistando tutti i partecipanti alle nostre attività, con un questionario unico, anonimo e online, che viene proposto a tutti, indipendentemente dall’attività svolta. Un questionario, quindi, che di anno in anno viene aggiornato, ma solo al termine di un’attenta valutazione dei dati raccolti, degli scenari analizzati. Con quale scopo? Quello di aiutare le aziende che hanno bisogno di fare una scelta; le aziende che per la prima volta ci fanno una richiesta; le aziende che pensano già di sapere molto sui propri colleghi ma rimangono sorprese dall’esito inaspettato di un questionario, semplice ma chiaro, come il nostro. 

Ecco i finali raccolti nel 2023: https://www.corefab.it/survey/
Ci risentiamo tra un anno per capire come sono cambiate le cose!

Lo staff di CoreFAB

#siamotuttiindispensabili

Foto: www.unopuntoquattro.it

Come scegliere attività di team building

10 cose da sapere prima di scegliere l’attività di team building ideale per la tua azienda.

Se pensavi che organizzare attività di team building per i tuoi colleghi fosse una cosa semplice, ti suggeriamo un decalogo di riflessioni, prima di fare la tua scelta. O meglio ancora, prima di contattare CoreFAB o una qualunque altra azienda che abbia come scopo principale l’organizzazione di attività di team. Non pretendiamo di esaurire la quantità di riflessioni possibili. Questi spunti, tuttavia, potrebbero essere un buon inizio.

Definisci gli obiettivi dell’attività di team building. Qual è la ragione per cui vorresti organizzare un’attività di team building? Cosa vuoi ottenere dall’attività? Cosa vorresti ottenere dai partecipanti? Migliorare la comunicazione, aumentare la fiducia, stimolare la creatività, ragionare sul senso di appartenenza? Queste domande e le relative risposte aiuteranno noi (il fornitore) a suggerire l’attività più adatta; aiuteranno voi (il cliente) a circoscrivere l’ambito d’azione dell’intervento. Meglio che gli obiettivi siano pochi, chiari e raggiungibili. Un team che raggiunge un risultato insieme è un team soddisfatto. Un team che più facilmente potrà trasferire quanto imparato durante l’attività, nel proprio ambiente di lavoro. 

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Arval durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion all’UCI Cinemas di Firenze

Considera le dinamiche di squadra già esistenti e le personalità dei membri del team. Quanto è profonda la tua conoscenza del team? Quanto è profonda la tua conoscenza delle singole persone che compongono quel team? Una delle principali ragioni per cui ti poniamo queste domande è che, molto spesso, le attività di team building sono organizzate a squadre. Le squadre devono essere equilibrate ed eterogenee. Senza pensare, almeno per una volta, all’organigramma aziendale. 

Scegli una data e un orario che siano convenienti per la maggior parte dei partecipanti. Assicurati di pianificare l’evento in modo che non interferisca con scadenze critiche o periodi di picco di lavoro. E ricordati di contemplare anche i tempi necessari per raggiungere la destinazione da parte di tutti.

Scegli attività di team building che siano adatte agli obiettivi e alle dimensioni del tuo team. Può trattarsi di giochi, attività all’aperto, sessioni di formazione, o una combinazione di queste. Se stai facendo un brief con il tuo fornitore, chiedi sempre le ragioni per cui ti stiamo facendo una proposta piuttosto che un’altra. L’attività di team building non è un soprammobile con colore e forma definiti. Si tratta piuttosto di un’attività di cui conosci l’inizio, ma non sempre la fine. Pertanto, anche ideare gli scenari conclusivi potrebbe essere un dettaglio importante per la tua organizzazione.

Seleziona una posizione appropriata e assicurati che sia accessibile a tutti i partecipanti. Considera anche la logistica, come il trasporto, l’alloggio e le strutture disponibili. Che si noleggi un transfer, o si faccia car-pooling, non sottovalutare le opzioni disponibili per inquinare il meno possibile. 

Se le attività richiedono una guida, assicurati di avere facilitatori capaci di condurre il gruppo. Questi possono essere membri interni con competenze specifiche o professionisti esterni specializzati in team building. Per fare questa scelta, è importante interrogarsi su quale potrebbe essere l’esito dell’attività, ma anche un possibile prosieguo futuro. Se l’attività di team building diventasse qualcosa di abituale, potrebbe trasformarsi in un rituale per i tuoi colleghi, generando grandi aspettative ogni qualvolta ne proporrai. E questo rituale potrà contribuire, nel suo piccolo, al perfezionamento di una cultura aziendale che mette le persone al centro. 

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Chromavis Fareva alla fine di una sessione di #Orienteering a Selva di Clusone (BG)

Chiedi al fornitore quale sia il suo modo per raccogliere feedback sull’attività, sull’esperienza fatta. E come tu possa utilizzare questi dati per riflettere su quanto farai in futuro. Per riflettere insieme ai tuoi colleghi, su quale possa essere un buon modo per organizzare una prossima esperienza. 

Comunica chiaramente i dettagli dell’evento, compresi gli obiettivi, la data, l’orario, la posizione e qualsiasi altra informazione importante. Assicurati che tutti i partecipanti siano ben informati e siano a conoscenza di cosa aspettarsi. E non dimenticare di offrire informazioni adeguate sul vestiario più adatto a godersi l’attività insieme. Soprattutto per i casi in cui l’esperienza sarà all’aperto, in natura. 

Stabilisci un budget definito per l’evento. Per l’intero evento, non solo per l’attività di team building che ti proporremo. Quando avrai deciso quale budget dedicare all’evento, o all’attività di team building, non condividerlo subito con il fornitore. Ti sembrerà assurdo che un’azienda come la nostra ti suggerisca un comportamento simile, ma questa scelta ha un perché e non è affatto controproducente, nemmeno per noi. Preferiamo preoccuparci di creare percorsi di crescita che eventi singoli. Chiedi al fornitore un racconto chiaro  di esperienze in scenari simili al tuo. E prova a progettare un percorso più ampio per la tua organizzazione. Il beneficio sarà maggiore e il budget che avevi previsto potrebbe essere modificato in base a quelle che saranno le principali esigenze della tua organizzazione. 

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Met durante una sessione di #TrainYourTeam sul Lago di Pusiano, Merone (CO)

L’attività di team building può essere un momento spensierato e divertente per te e i tuoi colleghi. Un momento tanto felice da dimenticare eventuali dissapori per generare un nuovo clima. Approfitta di questo stato di benessere momentaneo per rimediare ad alcune situazioni. O per trasmettere, alla fine, dei messaggi importanti: la soglia dell’attenzione potrebbe essere più alta e la percezione del tuo messaggio migliore, rispetto allo stesso messaggio ascoltato da dietro la scrivania.

Ecco: non è tutto, ma è molto. Ordina questo decalogo come preferisci e preparati a fare la tua richiesta. Non avere fretta. Faremo del nostro meglio per rispondere a tutte le tue domande. Così come per raggiungere tutti i tuoi obiettivi. 

Marco Menoncello

#siamotuttiindispensabili

Foto: www.unopuntoquattro.it

Team building musica

Team building e musica – l’armonia in azienda non è semplicemente utile. È indispensabile. 

La musica è democratica e molto più coinvolgente della politica. La musica è la lingua di tutti. Anche di chi poliglotta non è. Anche di chi, per natura, la stona. Che poi anche stonare è un modo molto personale di essere creativi e liberi, non trovate? La musica è liberatoria, esprime più di quanto riusciamo a raccontare, coinvolge più di quanto possiamo immaginare, genera benessere ed è sicuramente un modo intelligente ed efficace per creare armonia nel team, provarla (l’armonia del team) e farne tesoro (affinché quell’armonia si conservi nel tempo).

Proprio partendo da questo presupposto, Corefab società benefit ha inserito a suo tempo #YourBodyIsAPercussion nel ventaglio delle poche (ma indispensabili) proposte di team building in capo all’azienda. L’attività, capitanata da Nicoletta Tiberini (foto), prende il nome da un invito. Un invito che facciamo a tutti: quello di ricordare come le nostre parole, i nostri segnali e i nostri movimenti siano sempre in grado di farsi eco nello spazio, nel tempo, tra le persone. Nella comunità in cui lavoriamo o viviamo. E come, se coordinate, possano dare vita ad un ensemble armonioso ed emozionante (che è poi davvero il fine ultimo di questa attività di team building). Un’attività nella quale la non-partecipazione non è, infatti, possibile. Perché il risultato d’insieme, la performance finale, si può solo ottenere insieme, appunto. Elementare, Watson!

Comunicazione collaborazione team building musica Corefab
Il team di Arval all’Uci Cinema di Firenze durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion

Ciò premesso, quali sono i vantaggi che un’attività di team building a tema musicale (non solo la nostra, ci mancherebbe) può offrire? Vantaggi che possano ripercuotersi sul gruppo e sulla sua integrità. Eccone alcuni:

Comunicazione e collaborazione

Fare musica insieme richiede capacità comunicativa e stretta collaborazione tra i membri del team. Per eseguire una canzone o comporre una melodia, i partecipanti devono ascoltarsi attentamente, coordinare i loro sforzi e sincronizzare le azioni. Questa esperienza potenzia la capacità di comunicare in modo chiaro e costruttivo e incoraggia il lavoro di squadra.

Rafforzamento identita aziendale
Il team di CBRE GWS durante la sessione di #YourBodyIsAPercussion all’Hotel Living Place di Bologna

Creatività e problem-solving

La musica è un’arte che sprona la creatività. Durante l’attività, i partecipanti saranno incoraggiati a esplorare nuove idee, sperimentare con suoni e arrangiamenti e trovare soluzioni creative per raggiungere gli obiettivi musicali. Questa stimolazione creativa si riflette positivamente anche nella risoluzione di problemi sul luogo di lavoro.

Gestione dello stress coesione del team
Il team di Erion durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion presso Impact Hub, Milano

Gestione dello stress e coesione del team

Suonare/cantare insieme e creare musica può essere un modo efficace per liberare lo stress e rilassarsi. Lavorare insieme per raggiungere un obiettivo musicale comune crea un senso di realizzazione e aumenta la coesione del team. I momenti di divertimento e gioia condivisi durante l’attività possono contribuire a ridurre le tensioni e migliorare l’ambiente lavorativo.

La musica e un arte che sprona la creativita
Il team di Kering durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion presso Hilton Lake Como

Leadership e fiducia

In un’attività musicale di team building, diversi membri del gruppo potrebbero essere coinvolti come leader in diversi momenti. Questo offre l’opportunità di sperimentare, sviluppare e potenziare le competenze di leadership dei partecipanti, incoraggiandoli a prendere iniziative e guidare gli altri membri del team. Aumentando la fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, i partecipanti si sentiranno più coinvolti e motivati nel contesto lavorativo.

YourBodyIsAPercussion Nicoletta Tiberini
Nicoletta Tiberini invita il pubblico a cantare

Rafforzamento dell’identità aziendale

Un’attività di team building a tema musicale può essere personalizzata per riflettere la cultura e i valori dell’azienda. Questo contribuisce a rafforzare il senso di appartenenza al marchio e all’identità aziendale tra i dipendenti, favorendo un ambiente di lavoro coeso e positivo.

Ascolto

Ultimo ma non per importanza: per suonare insieme, i partecipanti devono imparare ad ascoltarsi reciprocamente con attenzione. Questo stimola l’ascolto empatico, una competenza preziosa anche nell’ambito professionale. Un team in cui tutti si sentono ascoltati e compresi (anche quelli che stonano o difficilmente stanno a ritmo, giusto per fare un esempio pratico) è più efficace nel risolvere problemi e prendere decisioni collettive.

Che ci crediate o no, #YourBodyIsAPercussion contiene tutti questi elementi. E Nicoletta, riesce a farveli sperimentare tutti nell’arco di circa 150 minuti di attività dinamica e (prova ne sono le foto) divertente. Ci sono rischi? Ovviamente. Alcuni dei partecipanti, il lunedì successivo in ufficio, salutano i colleghi cantando o schioccando le dita. Un rischio trascurabile, no? 🙂

Marco Menoncello

Foto: Unopuntoquattro.it

Il 70% della popolazione aziendale è entusiasta all’idea di fare team building

Il 70% della popolazione aziendale è entusiasta all’idea di fare team building, ancora prima di sapere cosa gli sarà proposto. Cosa dicono gli altri? 

L’attività di team building guadagna sempre più popolarità all’interno delle aziende come strumento per migliorare la collaborazione e generare un clima aziendale positivo. La survey proposta da Corefab società benefit nel corso del 2023 sta rivelando (finirà il 31 dicembre, ndr) che il 70% dei dipendenti aziendali intervistati ammette di essere entusiasta all’idea di partecipare a queste attività prima ancora di sapere con precisione cosa l’azienda ha organizzato per loro; mentre il restante 30% ha mostrato reazioni più contrastanti. 

Favorire situazioni che possano migliorare nel breve e lungo termine il clima aziendale
CoeClerici a Dubai (UAE) per una sessione di sand surfing nel Deserto delle Dune Rosse (novembre 2022)

La ricerca, che ha coinvolto un campione contenuto e comunque rappresentativo di lavoratori provenienti da diverse aziende con le quali Corefab ha lavorato nella prima metà di quest’anno (per un totale di oltre 500 persone tra gennaio e giugno 2023, con un tasso di completamento della survey – anonima e online – di poco inferiore al 90%), ha fornito interessanti spunti anche sull’atteggiamento dei dipendenti che non accolgono tanto favorevolmente l’invito a partecipare ad un’attività di team building. Il 23% del gruppo si è dichiarato titubante all’invito aziendale, mentre solo il 6% ha manifestato indifferenza e l’1% ha espresso apertamente fastidio.

L entusiamo che i team building regala
Il team di Erion balla durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion – Milano (settembre 2022)

La maggioranza schiacciante dei dipendenti aziendali che hanno partecipato all’indagine ha dimostrato un atteggiamento positivo nei confronti del team building e dell’idea di partecipare ad una giornata straordinaria. Ciò suggerisce che la maggior parte dei lavoratori potrebbe apprezzare non tanto o solo i benefici che derivano (direttamente o meno) dall’interazione con i colleghi in un contesto diverso da quello lavorativo quotidiano (su quello, ovviamente, bisogna poi lavorare con costanza), quanto piuttosto la disponibilità dell’azienda a favorire situazioni che possano migliorare, nel breve e lungo termine, il clima aziendale.

Secondo gli intervistati entusiasti (abbiamo poi “chiacchierato apertamente” con molti di loro, pur rimanendo nel totale anonimato delle risposte), il team building offre diverse opportunità per costruire relazioni più solide con i colleghi, migliorare la comunicazione, sviluppare competenze di leadership e stimolare la creatività. Le attività di team building, come giochi, sfide all’aperto o workshop collaborativi, offrono un ambiente informale in cui i dipendenti possono interagire e conoscersi meglio. Ciò porta a un maggiore senso di coesione e collaborazione nel contesto aziendale. Insomma, una serie di ingredienti indispensabili per amalgamare il gruppo e per chiarire, una volta per tutte, che la crescita individuale e quella di gruppo sono due facce della stessa medaglia

Il format drinkndraw di Corefab
Uno dei team di Otovo all’esito della sessione di #DrinknDraw presso Corefood Cormano (giugno 2022)

Tuttavia, il sondaggio ha anche rivelato che una piccola percentuale di dipendenti (“piccola” fino ad un certo punto) ha reagito in modo meno positivo all’idea di partecipare all’attività di team building. Il 23%, i titubanti, potrebbe avere alcune preoccupazioni o riserve riguardo all’efficacia o all’utilità di queste attività. Oppure, ancora più semplicemente, potrebbe aver vissuto esperienze precedenti negative che possono avere peggiorato le proprie aspettative. Qualunque sia il caso, l’idea di non avere certezza sull’attività proposta si mischia, indissolubilmente all’idea di non sapere quale potrebbe essere l’esito (o la ragione) per cui l’attività è stata organizzata. Queste presumiamo siano le principali ragioni della titubanza.

D’altra parte, il 6% è anche indifferente: gente che potrebbe semplicemente non mostrare particolare interesse per il team building o potrebbe preferire altre forme di interazione sociale al di fuori dell’ambiente aziendale. Qualcosa – come una semplice pizzata, ad esempio – per la quale tutti si sentono pronti, già preparati; dove il rischio di sorprese o imprevisti è davvero ridotto all’osso. Insomma, una situazione più facile da gestire soprattutto da chi non è avvezzo alle sorprese o non è sempre a proprio agio in una situazione di confronto con gruppo, fuori dall’ordinario. Infine, solo l’1% degli intervistati ha espresso apertamente fastidio all’idea di organizzare/vivere un’attività team building. Questa minoranza potrebbe avere motivazioni personali o preferenze diverse che li porta a non apprezzare le attività di questo tipo. Nonostante l’1% sembri qualcosa di trascurabile, è bene comunque tenerne conto per supportare chiunque facesse fatica ad integrarsi nel gruppo. E in quel caso sarebbe utile capire come accogliere questi colleghi, con lo scopo di aiutarli a vivere anche l’esperienza lavorativa più serenamente. 

In conclusione, siamo certi che le aziende debbano prendere sempre in seria considerazione i diversi atteggiamenti e le esigenze dei dipendenti al fine di creare esperienze di team building significative e coinvolgenti. Attraverso la progettazione di attività adatte a tutti, inclusive e associate ad una comunicazione chiara degli obiettivi, è possibile massimizzare i benefici che queste iniziative possono apportare, promuovendo un ambiente di lavoro sano, stimolante e produttivo per tutti i dipendenti. Ciò non significa che dovrete rinunciare all’effetto sorpresa e raccontare dettagliatamente quali siano le opportunità/idee proposte per fare team building prima della data utile. Sarà magari sufficiente svelare l’attività un passo alla volta, comunicando a tutti che chiunque avesse qualunque perplessità circa l’esperienza programmata potrà serenamente confrontarsi con l’HR o con la persona che, in azienda, sarà la responsabile dell’evento. 

Cosa potremmo desiderare di ottenere in cambio? Che nel tempo, quel 30% di popolazione aziendale non ancora entusiasta possa confluire nel restante 70%, contribuendo ad un processo di costante miglioramento del clima aziendale. 

Marco Menoncello
Importanza fotografie nei team building

L’importanza delle fotografie nell’attività di team building: catturare quei momenti che rafforzano il team.

L’attività di team building è diventata un elemento essenziale per il successo delle organizzazioni e delle aziende. Oltre a promuovere l’interazione e la collaborazione tra i membri del team, queste esperienze offrono una serie di benefici che possono durare nel tempo. E proprio con il desiderio di fare eco, nel tempo, alle attività e a quella piacevole sensazione di energia tra i partecipanti, non possiamo dimenticare che tra gli strumenti più preziosi per catturare e preservare l’essenza di queste esperienze ci sono le fotografie. Ecco perché, alle volte è bene ricordare perché è importante fotografare l’attività di team building e come le immagini possono contribuire a consolidare e valorizzare il lavoro di squadra.

Team building Corefab sulla neve
#SurvivalGames sulla neve con l’azienda Greenflex a Gressoney (dicembre 2022)

Ricordi tangibili che durano nel tempo:

per quanto elementare sia questo concetto, le fotografie consentono di conservare ricordi tangibili dell’attività di team building. Mentre le esperienze possono svanire nella memoria nel corso del tempo, le immagini permettono di rivivere quei momenti speciali. Possono essere conservate e consultate in qualsiasi momento, creando un collegamento duraturo con l’esperienza di team building e rinforzando l’entusiasmo e il senso di appartenenza al gruppo. Ovviamente vale per le attività di team building come per qualunque altra cosa. Ma molti non ci pensano e dimenticano di usare, nel tempo, le foto raccolte, lasciandole in letargo in qualche hard disk. 

team building Milano coesione con Corefab
#DrinknDraw con l’azienda Gecal presso il golf club Chervò di Pozzolengo – BS (giugno 2023)

Promuovere l’interazione e il senso di appartenenza:

di seguito al punto che precede, non dimentichiamo quindi che le fotografie dell’attività di team building possono essere condivise con tutti i partecipanti. Questa condivisione crea un legame più forte tra i membri del team e promuove l’interazione sociale. Le immagini offrono l’opportunità di rivivere insieme quei momenti significativi, di commentarli e di condividere le emozioni vissute. Ciò rafforza il senso di appartenenza al team e crea una connessione più profonda tra i membri. Soprattutto quando l’attività ha funzionato e i colleghi (non solo in foto) sorridono! 🙂 

Strumento per la promozione interna ed esterna:

le fotografie possono essere utilizzate come strumento di promozione interna ed esterna dell’organizzazione. Quando condivise internamente, le immagini trasmettono un messaggio positivo sull’impegno dell’organizzazione nel favorire il benessere dei dipendenti e lo sviluppo del team. All’esterno, le fotografie mostrano un’immagine accattivante dell’azienda, evidenziando l’importanza data alla costruzione di un team coeso e motivato. Possono essere pubblicate sui siti web, sui profili dei social media o utilizzate in materiali promozionali. “Elementare Watson”, direbbe il noto Holmes. Tuttavia le aziende che non fanno questa scelta sono ancora moltissime. E il tema del benessere rimane ancora da esplorare ampiamente. 

Lego team building con Corefab e Daniele Cassioli
#LaSvista con Daniele Cassioli e Marcos Sanchez per Doctolib, a Milano, presso gli uffici di WeWork (luglio 2023)

Valutazione e miglioramento:

le fotografie offrono una prospettiva visiva dell’attività di team building e possono essere utilizzate come strumento di valutazione e analisi. Osservando le immagini, è possibile valutare l’atteggiamento dei partecipanti, l’interazione tra di loro e identificare eventuali aree di miglioramento. Le fotografie possono essere utilizzate come punto di partenza per discussioni e feedback post-evento, consentendo al team di riflettere sull’esperienza e di apportare eventuali modifiche o regolazioni per le future attività di team building. Un modo per dire che, insomma, divertirsi è bene. Analizzare poi il modo in cui ci si è divertito è meglio. Anzi, è incredibilmente utile per capire come le persone si sono relazionate tra loro e come progettare le prossime attività. 

Materiali di formazione e comunicazione:

last but not least, e ancora una volta per quanto scontato possa sembrare, le fotografie possono essere integrate in presentazioni o materiali di formazione relativi all’attività di team building. Possono essere utilizzate per illustrare i concetti, le dinamiche di gruppo e le esperienze vissute. Le immagini rendono il materiale più coinvolgente e permettono ai partecipanti di visualizzare gli aspetti chiave dell’attività. Inoltre, le fotografie possono essere condivise anche con i nuovi membri del team, fornendo loro un’idea visiva delle esperienze passate e dell’identità del gruppo. Un modo 2.0 per dare il benvenuto alle nuove risorse. E fargli sperare che, prima o poi, arriverà anche il loro momento di cimentarsi in qualche esperienza simile, mettendo in gioco il proprio ruolo. 

Ecco perché Corefab garantisce ai propri clienti la possibilità di raccogliere un reportage fotografico delle attività organizzate durante l’anno. Un modo utile anche per staccare la spina, posare il proprio cellulare e fare in modo di concentrarsi su quelle attività, giocose o sfidanti, che richiedono l’impegno di tutti. E soprattutto un metodo assolutamente efficace per immortalare quell’impegno straordinario di cui siamo capaci tutti, fuori dagli schemi dell’organigramma. 

Marco Menoncello
Foto: www.unopuntoquattro.it
Divertirsi per lavorare bene e possibile ed efficace

Team building, divertirsi per lavorare bene è possibile ed efficace,

Team building, divertirsi per lavorare bene è possibile ed efficace

La leggenda narra di un noto direttore HR che, poco dopo l’ingresso nel nuovo millennio, suggerì di prendere in prestito l’idea della chat social per realizzare la chat aziendale. In risposta, qualcuno ai piani alti (più alti) avrebbe improvvisamente tuonato, “siamo qui per lavorare, non per divertirci”. Qualche anno dopo, e con qualche triliardo di messaggi in più, la chat aziendale diventava uno strumento indispensabile e (alle volte) irrinunciabile per agevolare la comunicazione tra colleghi della medesima azienda. 

In modo simile, forse meno leggendario, qualche settimana fa il dirigente di una nota azienda usava le stesse parole per rispondere ad un direttore HR che proponeva di organizzare attività di team building per migliorare il clima aziendale: “siamo qui per lavorare, non certo per divertirci”, ripeteva lui. Come se il divertimento fosse possibile solo prima delle 9:00 o dopo le 18:00. Prima o dopo l’orario di lavoro, per intenderci. Come se avesse paura che tra le 9:00 e le 18:00 un momento divertente potesse trasformarsi in distrazione.  

Qualche tempo dopo, proprio all’esito di un’attività di team building, lo stesso dirigente scopriva alcuni dettagli curiosi sulla popolazione aziendale che vi aveva partecipato. Così forse ricredendosi (questo è quello che speriamo noi) sulle conseguenze del divertimento nel contesto aziendale. 

Attenzione, non fraintendete. Il lavoro è una cosa seria. Molto seria. Ma lo è anche il divertimento. Quindi, lo è anche il modo in cui il divertimento può contribuire al miglioramento delle relazioni. Al miglioramento del clima aziendale. E di conseguenza, al miglioramento dei risultati professionali. 

Noi di Corefab, anche nel 2023 stiamo raccogliendo dati su quanto accade al termine delle nostre attività di team building. Non tanto per controbattere a quella nota esclamazione. E nemmeno per verificare l’indice di gradimento delle nostre attività. Piuttosto per verificare come il divertimento possa contribuire, almeno in parte, al proprio modello di lavoro aziendale, in uno scenario che sempre più deve fare i conti con un tasso d’abbandono delle risorse sempre più incidente. E verificando le considerazioni post evento fatte con i nostri clienti, ci sentiamo di dover condividere alcuni dati con voi. E vi chiediamo di attendere la fine del 2023 per avere la resa dei conti. 

Per esempio, partiamo da una premessa: in modo leggermente più incoraggiante di quanto vi scrivemmo nel 2021 (qui l’articolo a cui mi riferisco), oltre il 35% degli intervistati a gennaio 2023, ammette di non essere particolarmente entusiasta prima dell’attività di team building. 

Estratto del sondaggio Corefab 2023 – risultati complessivi gennaio

Abbiamo ragione noi”, diranno quelli che non erano d’accordo sull’introduzione della chat aziendale o sulla programmazione dell’attività di team building. La verità, invece, potrebbe essere un’altra: ancora una grande fetta della popolazione aziendale, quando è invitata a fare qualcosa di non ordinario, qualcosa che non fa parte della normale routine lavorativa, rimane pensierosa, dubbiosa, perplessa. Ci si chiede perché l’azienda abbia organizzato un momento del genere. Cosa voglia ottenere. O ancor peggio, cosa vogliano sapere da noi. Sì, proprio da te. E laddove l’organizzatore dell’evento perdesse 35 invitati ogni 100, l’obiettivo di progettare momenti di aggregazione speciali, sarebbe sempre più faticoso da raggiungere. Tuttavia, anche in questo caso, e riferendosi esclusivamente ai dati di gennaio 2023, il 98% dei colleghi invitati partecipa stabilmente alle attività straordinarie. Tanto da pensare che quei pochi esclusi (sempre meno) potrebbero esserlo per effettive cause di forza maggiore. 

Quindi, il primo dato sensibile importante è che anche coloro che non impazzivano all’idea di fare un’attività straordinaria, si sono presentati. Bene: “è un ottimo inizio” dirà chi in azienda si occupa di benessere. E considerando che sempre più spesso l’attività programmata con noi è una sorpresa (non ne vengono condivisi i dettagli tra gli invitati prima) significa che l’invito aziendale ha funzionato. Le persone, comunque vada, si fidano della proposta. O di chi l’evento l’ha organizzato. 

Andiamo oltre. 

Secondo i dati in nostro possesso, sono sempre meno le persone che vivono l’esperienza di team building per la prima volta. Certo, qualcuno potrà obiettare che l’intervistato potrebbe aver considerato nel conteggio anche la cena aziendale di fine anno o l’anniversario aziendale con il comico sul palco e la band in fondo allo stesso palco. Si tratta, indubbiamente, di momenti di aggregazione diversi. Considerando tuttavia l’offerta di proposte di team building attualmente disponibili sul mercato, abbiamo motivo di credere che i dati siano sempre più precisi. E sempre più spesso, quindi, i partecipanti, avendo partecipato a più attività nel tempo, potrebbero essere capaci di qualificare l’esperienza come efficace o non efficace. Dove per efficace possiamo intendere la possibilità di conoscere meglio i colleghi, di condividere un momento emozionante, di cominciare a considerare la propria azienda con occhi molto diversi. Più umani.

Estratto del sondaggio Corefab 2023 – risultati complessivi gennaio

A questo punto, riassumiamo:

  • un po’ meno persone di quanto rilevato nel 2021 rimangono intimorite dall’invito a partecipare ad una giornata straordinaria;
  • sempre più persone partecipano alle attività pianificate dall’azienda;
  • sempre più persone, nel tempo, hanno esperienza di cosa significhi fare team building, tanto da comprenderne, almeno all’apparenza, la reale efficacia nel contesto lavorativo.

Non ci rimane che sperare che la maggior parte di queste persone considerino importanti le relazioni sul posto di lavoro come metro di misura del benessere aziendale. Cosa che, a giudicare dai risultati del prossimo grafico (dove il sì è schiacciante) ci fanno presumere che forse, un po’ di sano e organizzato divertimento nella vita di ogni azienda, non può che migliorare i rapporti, unire i colleghi e fare in modo che ci si prenda cura gli uni degli altri, anche e soprattutto in quel lavoro (roba seria) che siamo invitati a condurre, ognuno nel proprio ruolo, tutti i giorni. 

Estratto del sondaggio Corefab 2023 – risultati complessivi gennaio

Insomma, senza nulla togliere alla serietà di cui il lavoro deve essere pervaso, ovunque e comunque, potremmo quindi affermare che siamo tutti qui a lavorare, ma – potendo scegliere – divertendoci. E divertendoci – ne siamo certi – anche il lavoro andrebbe meglio. E quando servisse essere seri, lo si farebbe con maggiore determinazione e impegno. Non fosse altro che per l’alternanza (molto umana, se ci pensate) di momenti diversi. Come nella vita di tutti i giorni. Di tutti i giorni, appunto. Anche quelli lavorativi. 

Ci risentiamo tra qualche mese. E vedremo come prosegue la raccolta dati.

Marco Menoncello
Lascolto e poi la capacita di immedesimarsi sono abilita che supportano linclusione

Allenare l’ascolto per apprezzare le voci delle diversità

Allenare l’ascolto per apprezzare le voci delle diversità. Le riflessioni di Alessandra Tatoni

Ci siamo incontrati la prima volta nel 2018, a Milano, per organizzare un’attività di team building per un piccolo gruppo di colleghi. Poi abbiamo atteso la fine della pandemia per tornare, nel 2021 a Reggio Emilia: in questo caso il gruppo era più grande e l’attività outdoor era destinata a fare riemergere quella collaborazione tra colleghi che si era assopita durante il lockdown. Ora nel 2021, con il prezioso contributo di Daniele Cassioli prima, Nicoletta Tiberini poi (rispettivamente campione di sci nautico paralimpico e musical coach dello staff di www.corefab.it), l’attività prosegue. E viene centrata sul tema dell’ascolto. E di quanto l’ascolto sia importante per apprezzare tutte le voci della diversità. Tutte le storie aziendali. Quelle storie delle persone che, per natura, sono diverse tra loro. Che costituiscono il panorama di un’azienda che riesce, umanamente, ad essere migliore solo quando le avrà ascoltate tutte. Così come sta accadendo in CBRE GWS con l’indispensabile contributo di Alessandra Tatoni, Sales & Marketing Director e DE&I Champion Italy, che abbiamo scelto di intervistare per approfondire il tema. 

Ciao Alessandra. E grazie di questo spazio, e del tuo tempo. Vorremmo che raccontassi al nostro pubblico qualcosa di te, magari partendo da una domanda che, durante le attività di team building, facciamo spesso: al di là quello che sei e fai ora, cosa sognavi fare da bambina? E come lo leghi a quanto fai oggi? 

Da bambina in realtà avevo molti sogni: dal diventare una archeologa, a scrivere la migliore storia fantastica del mondo (ma lì mi ha superato J.K. Rowling) fino a diventare regista di film!

Cosa c’è di tutti questi sogni nel mio attuale lavoro? Molto: a partire dalla visione creativa che ho sempre avuto del mondo circostante e che continua ad aiutarmi in diverse situazioni professionali; e poi la voglia di indagare, osservare, sperimentare e mettere le persone e le loro storie al centro del mio interesse.

Alessandra Tatoni, Sales & Marketing Director e DE&I Champion Italy, durante l’evento #LaSvista, negli uffici di Milano

Abbiamo vissuto qualche esperienza di team building insieme. Corefab ha conosciuto i tuoi colleghi, ne ha apprezzato l’entusiasmo e la partecipazione: credi che l’attività di team building debba diventare un rituale per l’azienda? Per tutte le aziende?

Un’attività di team building ben pensata e strutturata in base a obiettivi correttamente definiti, ritengo sia uno strumento essenziale per la crescita di un gruppo di lavoro. Perché si impara molto di più di se stessi e dei propri colleghi quando si viene “immersi” in un ambiente diverso dal proprio luogo di lavoro e si innescano delle dinamiche che scardinano un po’ le regole e gli standard.

Parliamo di ascolto. Durante l’attività con Daniele Cassioli abbiamo capito quanto è nella nostra indole prepararci per dire la nostra e quanto invece dimentichiamo che il nostro parere non conti nulla se non c’è uno scambio con altri. Se, insomma, non si ascolta l’interlocutore. Al di là dell’attività fatta, come alleni l’ascolto?

È un allenamento costante e molto faticoso perché siamo tutti strutturalmente portati a dare ascolto più a noi stessi ed alle nostre sensazioni. Ritengo che essere diventata un genitore mi abbia messo in una situazione privilegiata per allenare questa facoltà: un figlio è una persona che cambia costantemente nel corso di poco tempo ed alla quale non puoi dare risposte preimpostate, e con la quale devi necessariamente porti in atteggiamento di apertura e di ascolto.

Dal punto di vista professionale, invece, l’allenamento che svolgo abitualmente è quello di provare a sentirmi nel “qui e ora” quando ho uno scambio con qualcuno, sia essa o esso un collega, un cliente, un partner professionale. Mi sforzo di non farmi distrarre da altri pensieri, da telefonate o da mail nel momento in cui sto dedicando del tempo a qualcuno. Non è facile ma i frutti di questo allenamento mentale valgono assolutamente lo sforzo!

In CBRE ho visto persone molto sensibili all’argomento. E ho visto colleghi che hanno partecipato con entusiasmo, senza alcuna resistenza, alle attività di team building. Anzi, mi sembravano tutti ben felici di condividere un momento straordinario insieme. Come ci siete arrivati? O in altre parole, come avete ottenuto questo clima aziendale?

L’atmosfera e la disponibilità nel mettersi in gioco che hai correttamente notato, nascono principalmente dalla nostra cultura aziendale e dal costante lavoro di tutto il leadership team. Utilizziamo l’acronimo RISE per sintetizzare i valori di RISPETTO, INTEGRITÀ, SERVIZIO ed ECCELLENZA. Ecco, quando nella tua azienda la prima parola nella rosa dei valori è il rispetto, si comprende perché poi si riesca a creare un ambiente positivo e stimolante.

L’ascolto e poi la capacità di immedesimarsi sono abilità che supportano l’inclusione. Come CBRE affronta e vive questo tema. Come sta costruendo un ambiente inclusivo?

Siamo particolarmente impegnati nella promozione della diversità, equità ed inclusione in azienda. La maggior parte dei dipendenti dal 2021 è stata coinvolta in progetti dedicati all’inclusione fuori e dentro il luogo di lavoro. Ad esempio io, come DE&I Champion per l’Italia, ho la responsabilità e l’onore di promuovere all’interno di CBRE un clima di ascolto ed inclusione continui. Sono supportata in tutto ciò da un team che abbiamo chiamato “Just Be”, di circa 100 persone che mettono a disposizione il loro tempo e la loro energia nello sviluppo di 5 progetti dedicati a: sviluppo della leadership femminile e superamento del gender gap, linguaggio inclusivo, lotta all’abilismo e supporto sul territorio contro le barriere architettoniche, inclusione transgenerazionale. Il tutto supportato da un team di comunicazione creato ad hoc. 

Come le attività che state organizzando in CBRE GWS contribuiscono a migliorare il senso di appartenenza all’azienda?

Il senso di appartenenza, un po’ come la responsabilità, è qualcosa che non si può imporre e che ognuno deve sentire e vivere pienamente. Le attività ed i progetti che stiamo portando avanti con il team JustBe, e anche tutti i progetti legati alla formazione ed al team building, hanno il pregio di coinvolgere le persone, contribuiscono a affrontare dei temi che non sono scontati e fanno comprendere a tutti che l’azienda è in ascolto ed è pronta a valorizzare l’unicità di ognuno. 

Da sinistra: Alessandra Tatoni, Marco Menoncello e Daniele Cassioli, durante l’evento #YourBodyIsAPercussion a Bologna
Marco Menoncello
Team building Servono senso ritmo e partecipazione.

Team building? Servono senso, ritmo e partecipazione.

Team building? Servono senso, ritmo e partecipazione.

Senso

I partecipanti al Master EMMIO di SDA Bocconi cercano il senso in una foto aerea a conclusione di una nostra attività.

Di solito va così: arriva una richiesta, una mail, una telefonata, un WhatsApp sul profilo aziendale. “Vorremmo organizzare un’attività di team building prossimamente; indicativamente per questa data; verosimilmente in questa location”. Noi cerchiamo di essere rapidi, rapidissimi.

Rispondiamo, ci presentiamo, ringraziamo per averci contattato e poi, tirando il freno a mano, chiediamo a tutti: 

come mai volete organizzare questa attività? O più semplicemente, se poteste scegliere una parola chiave che rappresenti l’attuale necessità della vostra azienda, quale sarebbe? Una keyword, una parolina magica che racchiuda il senso di ciò che desiderate ottenere vivendo questa esperienza”

A quel punto l’interlocutore rimane in silenzio, sospira, riflette. E almeno nove volte su dieci risponde così: “beh, vorremmo promuovere la collaborazione. Far comprendere ai colleghi quanto sia importante per andare avanti”. 

Tuttavia, se ci pensate bene, il tema della collaborazione dovrebbe essere già radicato nell’esperienza di team building. Dovrebbe essere qualcosa di connaturato all’attività che andiamo a pianificare. Fatto salvo naturalmente per le esperienze meramente ludiche, di svago, o per le attività che possano essere fatte individualmente senza raggiungere uno scopo comune. La collaborazione, in altre parole, è il pre-requisito dell’esperienza di team building. Deve esserlo. E una volta spiegato questo concetto cerchiamo di approfondire e arrivare al nocciolo della questione: la parola “magica”. Quella cosa che il committente sente che manchi in azienda. O che debba essere approfondita. 

E allorché le risposte arrivano (ascolto, fiducia, tolleranza, l’essere speciale, la peculiarità di ciascuno, l’abbattimento degli stereotipi, la comunicazione, ecc.), non possiamo che analizzarle e costruirci sopra il miglior percorso possibile. Un percorso che consenta ai partecipanti di collaborare per arrivare allo scopo. Arrivare alla comprensione della parola chiave, passando per l’esperienza diretta. E perfezionando, quasi in sordina rispetto al resto, le proprie capacità collaborative in un contesto ben diverso da quello professionale. Un contesto inaspettato. Fuori dall’ordinario. Straordinario, appunto. Qui finisce, almeno per ora, il tema di dare un “senso” all’attività. E l’attività, invece, inizia. 

Ritmo

Durante una nostra sessione di BodyIsAPercussion, i colleghi di CBRE si esibiscono con ritmo ed entusiasmo

Servono anche ritmo e partecipazione. E a pensarci bene, sono due temi strettamente connessi. Senza i quali l’attività non può concretizzarsi. Il ritmo è una nostra responsabilità. Un impegno che noi organizzatori dobbiamo assumerci non tanto per dimostrare l’efficacia delle nostre attività. Quanto piuttosto per trasferire a tutti i partecipanti il concetto di essere indispensabili nel gruppo. Di quanto sia importante il gruppo per lo sviluppo individuale. E senza il “ritmo” difficilmente raggiungeremo il nostro scopo. 

Ritmo, in questo caso, possiamo considerarlo sia in senso proprio – il “metronomo” delle nostre attività, pensiamo ad esempio a quelle di natura musicale – sia in senso lato – il fatto di costruire dei percorsi che prevedano pause o stop solo se programmati, non casuali, per evitare il rischio di disperdere l’interesse e l’entusiasmo dei partecipanti. In buona sostanza, le attività di team building – tutte – non possono prescindere dal ritmo. Non possono prescindere da una costruzione logica, dall’individuazione di un percorso che metta tutti gradatamente nelle condizioni di lavorare, o di collaborare, al raggiungimento dello scopo. E se il ritmo dovesse venir meno, i musicisti si perdono. Volete un esempio? Pensate ad un’attività di team building dove l’azienda, divisa in gruppi, debba attendere troppo tempo per eseguire la sua performance. Pensate ad un’esperienza che preveda un punto di destinazione (non finale, ma intermedio) che l’organizzatore non aveva calcolato. Non certo un imprevisto naturale come la pioggia estemporanea nel mezzo di un’attività. Magari l’aver dimenticato tutti gli attrezzi necessari alla conclusione del manufatto che la squadra dovrà realizzare; l’aver dimenticato di indicare un punto sulla mappa durante una caccia al tesoro; aver dimenticato di spiegare tutte le regole di un’attività poco prima che il timer sia partito. Cose apparentemente banali o sviste cruciali? Nel nostro caso, dobbiamo purtroppo classificarle come delle sviste determinanti. Dettagli che influirebbero negativamente sul ritmo dell’attività e che ci costringerebbero a gestire imprevisti importanti. Effetti indesiderati. Ben poco utili ai fini per cui il team building è progettato.  

Partecipazione 

Un team di Deloitte molto partecipativo alla fine di una sessione di #DrinknDraw.

E poi c’è la partecipazione. Quella cosa che, dicevamo, è strettamente in relazione con il ritmo. Se riesco a tenere il ritmo, sarà più facile promuovere la partecipazione di tutti. O almeno del più alto numero possibile di partecipanti. Insomma, la partecipazione diventa quindi una conseguenza del lavoro fatto prima. Se ho costruito un’attività che abbia un senso, e se quel senso si sviluppa in un contesto che ha ritmo, sarà più facile ambire al coinvolgimento dei partecipanti. Sarà più facile trascinare il team nel mood positivo o riflessivo che un evento del genere dovrebbe avere. E sarà determinante fare attenzione a tutto quello che succede durante l’attività. Sarà rilevante fotografare (non tanto letteralmente) i momenti migliori, più profondi o più complicati rispetto a quella che era l’iniziale richiesta di senso offerta dal nostro cliente. Anche perché, riflettiamoci insieme: se la collaborazione è radicata nell’attività di team building e, quindi, non dovrebbe essere scambiata per il principale o l’unico obiettivo, un output che invece possiamo pretendere dalle nostre attività è la migliore partecipazione possibile di tutti gli attori. Di tutti i colleghi di un’azienda (e affinché possano replicare il modello partecipativo nel mondo del lavoro). Diversamente nel momento cosiddetto di debrief finale, non riusciremo ad avere l’attenzione di tutti. E non riusciremo ad analizzare con interesse e consapevolezza tutte le relazioni, i lavori, gli speech finali di ogni singolo gruppo. Esiti la cui natura non è affatto (e fortunatamente, suggeriamo noi) prevedibile. Così poco prevedibile che richiederà, guarda caso, la migliore attenzione (e partecipazione) di tutti. 

Potremmo pensare ad un paragone verosimile. La musica. Il jazz, in particolare. Quella musica che sembra irregolare e che tuttavia arriva sempre ad una fine dove tutti i musicisti trovano un senso. Il jazz ha ritmo, richiede partecipazione da parte di tutti i musicisti della band, nonché la collaborazione alla ricerca di un senso: i diversi assolo degli strumentisti conducono a finali inaspettati; e solo ascoltandoli, si può giungere alla fine del percorso, ritornando – in musica – al tema principale. Ecco, il vostro team aziendale è come una band che, consapevolmente o meno, suona uno spartito, tiene il ritmo, vuole la partecipazione di tutti e costruisce l’evoluzione del suo percorso in modo del tutto inaspettato, pur tornando sulla fine alla definizione di un senso. Di un tema principale. Senza il quale tutto il processo perderebbe, appunto, di senso. 

E se ci fosse un problema sul percorso? Duke Ellington, noto jazzista, aveva una risposta più che valida: “un problema è una possibilità che ti viene offerta per fare meglio”.

That’s all.

Marco Menoncello
Outdoor team building perche organizzarli

Team building, che ci crediate o no, si usava già nel Pleistocene

Prendo spunto dalla realtà. La mia, se non altro.

Approfitto del libro che mi è stato regalato recentemente. Un saggio, decisamente affascinante, di Annamaria Testa, dal titolo Le Vie del Senso. Sono ormai oltre la metà, ma devo fare un salto indietro, all’inizio del secondo capitolo che si apre con la seguente riflessione.

Il linguaggio verbale umano è la maggiore invenzione della nostra specie e il nostro principale vantaggio evolutivo. Ci permette di pensare, di ricordare meglio, di accumulare e trasmetterci conoscenza. E ci permette di capirci e di cooperare in una molteplicità di forme. 

Noi esseri umani siamo (…) una specie ultra-sociale. E lo siamo perché abbiamo sviluppato un’attitudine ad informare gli altri esseri umani su cose che potrebbero essere utili o interessanti per loro

Utili e interessanti. Ripeto, utili e interessanti. Quali sono quelle cose che potrebbero essere “utili o interessanti” per i nostri interlocutori? 

Forse non è il tema centrale del saggio di Annamaria Testa, ma lo è per noi, organizzatori di team building, che passiamo le giornata spiegando ai clienti quali siano le ragioni per cui sia rilevante organizzare le nostre attività. 

Poiché, lo ripetiamo spesso: nel 99% dei casi (non esagero) alla domanda, “perché vorreste organizzare un’attività di team building? Perché avete pensato a questa soluzione? Cosa vi ha spinto a chiamarci”, la risposta è sempre la stessa. “Beh, pensavo che fosse un’occasione per consolidare la collaborazione”. Certo, lo è, confermiamo noi. Fare attività di team building è un’ottima occasione per consolidare i rapporti, per celebrare la cooperazione tra membri dello stesso staff.

I colleghi di Progesto s.r.l. società benefit si confrontano durante una sessione di #DrinknDraw

Ma a pensarci bene, la collaborazione non è solo un obiettivo. E’ un mezzo che può condurre ad un altro fine. 

Qualunque attività organizzata da Corefab società benefit, o da altri colleghi nello stesso campo, non può prescindere dalla collaborazione. Anzi, la collaborazione nelle attività si respira meglio dell’ossigeno. La collaborazione è indubbiamente l’obiettivo da raggiungere a lungo termine, qualcosa che va allenato con costanza. Se tuttavia dovessimo scegliere degli obiettivi a breve a termine che possano poi condurre alla collaborazione a tutto campo, potremmo scegliere, più facilmente, la conoscenza reciproca?

Scegliere un linguaggio (quello delle attività di team building) per mettere al centro quel “vantaggio evolutivo” che ci permette di comunicare, a differenza di altre specie, anche le emozioni. Anche le perplessità, anche le delusioni, le paure o i “mal di pancia” ai quali si è esposti in azienda. 

Daniele Cassioli si confronta con i collaboratori di Pini Group durante una sessione di #LaSvista

In altre parole, se pensassimo al team building come all’occasione per informare i nostri colleghi su cose che potrebbero essere utili per loro, e se concordassimo che le cose “utili” possono essere anche i nostri racconti personali, avremmo davvero applicato quell’indiscusso vantaggio evolutivo.

E avremmo, già nel breve termine, consolidato una conoscenza reciproca che consentirà alle persone, ai colleghi, al gruppo, di aver cura delle persone intorno a sé non più in quanto colleghi, ma in quanto persone, con le stesse ambizioni, fragilità, dubbi o desideri.

Questo è il piccolo grande segreto dell’attività di team building. Questa è la piccola grande differenza che separa le nostre attività da altre attività che, sul mercato, sono note con la locuzione “leisure experience”.

E che, per loro diversa natura, non concedono il tempo di approfondire le relazioni personali. Ed è giusto così, ma va spiegato: la quantità di offerte online ambigue genera spesso confusione tra i clienti che cercano, per la prima volta, di approcciare l’attività di team building. Se ci fate caso, stiamo ancora sempre parlando di interpretazione del linguaggio. 

Ad ogni modo, ritornando sulle parole di Annamaria Testa, accumulare e trasmettere conoscenza, anche su fatti che solo in apparenza possono sembrare futili (qual è stato il mio sogno da bambino? dove ho vissuto? da quale figura famigliare ho imparato a fare l’una o l’altra cosa? qual è il mio principale ostacolo alla conoscenza reciproca?) è utile, oltre che ampiamente consigliato, per costruire team rispettosi, inclusivi, partecipativi e poi – solo poi – proattivi.

Perché la collaborazione è il fine ultimo. E già la pensavano così, milioni di anni fa, gli homo del pleistocene: capire che collaborare poteva servire a procurare più cibo fu un passo fondamentale. Un passaggio ottenuto senza la maggior dimestichezza che oggi abbiamo – indiscutibilmente – con il nostro linguaggio. 

Oggi che sfruttiamo quel vantaggio quotidianamente, possiamo concederci il lusso di pensare che grazie alla comunicazione reciproca cooperiamo. E lo facciamo meglio. Lo facciamo in una “molteplicità di forme”. E possiamo generare risultati pazzeschi, migliorando il clima in azienda e producendo energia per chi sta intorno a noi. Magari contagiandolo con la nostra voglia di raccontare, con la voglia di stare insieme e creare team. Con il desiderio di dimostrare, continuamente, la nostra ultra-socialità.

Marco Menoncello