team building location Firenze con Corefab

Team building – il cambiamento c’è e noi lo raccontiamo (quasi senza veli). La parola a Nicoletta Caccia. 

Secondo Richard Sennet “la pratica della collaborazione in condizioni difficili può aiutare gli individui e i gruppi a prendere coscienza delle conseguenze delle loro azioni”. Vero. Senza dubbio. E quali sono le cosiddette “condizioni difficili”. Un’esperienza di sopravvivenza estrema? Una performance sportiva professionale di alto profilo? O più semplicemente, un’attività di team building che preveda di mettere a fattor comune la creatività di tutti i partecipanti per raggiungere un risultato. Creatività che spesso è latente (“vorrei, ma nel mio mestiere non è richiesta”), ahimé distante dalla propria visione (“team building? Un ottimo modo per perdere del tempo”), inaspettata (“davvero? Non immaginavo che potessimo arrivare a quel punto”). Insomma, per farla breve: chi ha detto che guadare un fiume sia più semplice che raccontare sé stessi ad un gruppo di colleghi. E così che Corefab, quando ha conosciuto Nicoletta Caccia (persona alla quale a brevissimo, lascerò la parola), ha spiegato perché #DrinknDraw in un caso (anzi tre) e #LaSvista in un altro, potevano essere degli ottimi apripista e rompighiaccio per approfondire la conoscenza di colleghi. Per aumentare il senso di appartenenza all’azienda. E per celebrare il processo di cambiamento con qualche attività che potesse emozionare i partecipanti, in un clima culturale stimolante. Va da sé che, come spiega ancora Sennet, ci sia bisogno di perizia, di esperienza, anche per allenare il processo di collaborazione. Ragion per cui il contributo di Corefab non è di per sè sufficiente se dall’altra parte, quella dell’azienda, non c’è qualcuno che abbia a cuore i suoi colleghi e sia disposto a mettersi in “gioco” (quello torna sempre, come vedete) per lasciare il segno.

Una bilancia sulla quale cuore e cervello hanno il medesimo peso – esito dell’attività #LaSvista con Alfamation.

In ALFAMATION spa quel “qualcuno” l’abbiamo trovato. Anzi, qualcuna. Si chiama Nicoletta Caccia, è una mamma, una professionista, una lettrice accanita e un’entusiasta. Non che lo facciamo apposta, ma alle volte sembra che Corefab abbia la facoltà di scegliere i propri clienti!

Ad ogni modo, Nicoletta, ti abbiamo presentato bene o manca qualcosa?

Benissimo, soprattutto mi piace che per prima cosa mi abbiate definito una mamma 😊. L’entusiasmo non manca, i libri neppure, la professionalità spero venga da sé.

Daniele Cassioli introduce il format di team building #LaSvista al management team di Alfmation.

Partiamo dall’inizio, anche perché dalla fine di solito non funziona: qual è lo stato dell’arte di Alfamation? E perché in questo momento hai deciso che ci fosse necessità di fare attività di team building e/o altri percorsi in linea?

In realtà, come sempre, nessuno fa niente da solo. Il suggerimento di provare ad organizzare “qualcosa” (all’inizio non meglio definito), è venuto proprio da un collega. Le cose calate o imposte dall’alto si sa che non funzionano quasi mai: il fatto che l’esigenza nascesse dai colleghi stessi, è ciò che mi ha spinto e motivato ad andare avanti a spron battuto. Certo, era comunque una sfida visto che attività simili non erano mai state organizzate, ma per fortuna mi sono imbattuta in COREFAB e la voglia di fare qualcosa tutti insieme si è amplificata sempre più. 

Al di là di Alfamation, e pensando anche alla tua esperienza in altre realtà, c’è una buona pratica, un modello, un’idea che ti senti di suggerire a chi si trova nelle condizioni di avere un ruolo analogo al tuo in una nuova azienda?

Beh, questa è una domanda difficilissima perché anche io, come tutti coloro che hanno ruoli simili al mio, mi barcameno come posso in acque spesso turbolente. Questo ruolo negli ultimi anni è cambiato tantissimo. Si deve stare sempre al passo e tenere gli occhi aperti e tutti i canali di aggiornamento attivi. Oltretutto, prima della dolorosa esperienza del COVID, era anche un po’ sottovalutato. Con la pandemia, ecco che gli HR di tutto il mondo sono tornati alla ribalta! Dovevano dire, comunicare, decidere in fretta cosa fare, studiare ogni giorno una normativa diversa, seguire migliaia di webinar, emanare regolamenti di smart working, ma salvaguardando la produttività, gestire anche eventualmente delle crisi aziendali, ecc. Insomma ci sarebbe voluta la bacchetta magica e/o anche la sfera di cristallo per interpretare semplicemente il giorno successivo, non i mesi successivi! Amici “maghi” dell’HR, di colpo ci siamo trovati esperti di congedi di nuova creazione, comunicazione interna, permessi di circolazione, lavoro agile, cassa integrazione, onboarding e formazione da remoto e chi più ne ha più ne metta. Ed il mondo si è accorto di noi! La flessibilità e versatilità estrema conquistate durante quel difficile periodo penso siano la chiave per affrontare sfide diverse in nuovi contesti. Quello che mi sento di dire è di restare sempre in ascolto, con umiltà: solo mettendosi realmente al servizio delle persone, senza dare nulla per scontato, si troverà la chiave per comprendere i bisogni più reconditi. L’altro consiglio che mi sento di dare (ammesso che sia la persona giusta per dispensarne) è quello di collaborare sempre con le altre funzioni aziendali. Dicevo prima che ci sono stati negli ultimi anni molti cambiamenti circa il perimetro e le competenze di chi fa HR: chi di noi non ha iniziato a lavorare – ad esempio – gomito a gomito con la funzione marketing? In un mondo che cambia così velocemente e nel quale reperire i talenti giusti è davvero complicato, riuscire a giocare di sponda lavorando sul brand aziendale è davvero essenziale.

Come si può ottenere stima e collaborazione da tutti i collaboratori?

Oddio, la stima è davvero una cosa seria; non si concede così, gratuitamente. Lo vediamo anche nel nostro privato: spesso siamo diffidenti verso l’altro e tendiamo a riconoscere con più facilità le caratteristiche negative anziché quelle positive. Io comunque credo che le persone in azienda, più di tutto, vogliano coerenza. Se si professano certi tipi di messaggi o addirittura di valori e poi si agisce in netto contrasto rispetto ad essi, le persone lo avvertiranno e capiranno che dietro all’immagine patinata non vi è alcuna sostanza. Questo le deluderà moltissimo e la disistima prenderà il sopravvento. La stima si conquista facendo delle cose (magari poche!) in linea coi messaggi che mandiamo, non dicendo tante parole che poi alla fine sono vuote. Non basta una brochure aziendale a conquistare i collaboratori, se dietro non c’è un lavoro quotidiano per “fare ciò che si vuole essere” (spero di aver reso l’idea!). La collaborazione, a mio avviso, arriva da sola quando le persone si sentono coinvolte in un progetto vero e genuino e capiscono che siamo tutti indispensabili, come dite voi di COREFAB!

Nicoletta Caccia ed un collega alle prese con il primo lavoro individuale durante il format di team building #LaSvista.

Qual è stato l’esito delle prime attività fatte con COREFAB (#DrinknDraw con un gruppo di 30 impiegati; #LaSvista con un gruppo di 15 manager, ndr).

Direi ottimo. Dalle survey effettuate è emerso che qualcuno aveva dei timori prima di fare l’attività, non sapendo cosa aspettarsi. Dopo averla fatta, invece, emerge una generalizzata soddisfazione e l’invito della popolazione ad andare avanti su questa strada.

Secondo te, è bene inserire l’attività di team building in un percorso aziendale o è preferibile che si tratti di episodi isolati? 

Così come tutti ci hanno suggerito, si vorrebbe inserire questi eventi con una cadenza almeno annuale in un programma aziendale! Il tipo di attività non ha importanza, anche se a molti piacerebbe un evento all’aria aperta: quindi preparatevi per il prossimo anno!

Noi recitiamo come un mantra l’hashtag #siamotuttiindispensabili. Secondo Corefab finché non ci si rende conto di essere tutti indispensabili, difficilmente si riesce a diventare anche responsabili del gruppo e della sua crescita. Tuttavia non tutti crescono con la medesima velocità. Come capire le differenze tra le persone? 

Ad ognuno va lasciato il suo tempo, nel rispetto di ogni diversità. Noi possiamo sollecitare, far riflettere, dare degli spunti, organizzare delle cose ma potrebbe anche esserci qualcuno che non ce la fa, che rimane ancorato al “si è sempre fatto così” e non vuole o non può cambiare. Noi dobbiamo gestire ed occuparci di tutti e tutte, c’è anche chi fa fatica ad inserirsi in un gruppo e riesce a lavorare esclusivamente da solo/a; c’è chi non vuole assumersi alcuna responsabilità perché ha troppa paura, e invece proprio dall’avere team molto eterogenei (per età, esperienza, personalità ecc) attingiamo la nostra ricchezza. Come dicevo prima, possiamo stimolare un cambiamento ed accendere una lucina, ma le cose si fanno sempre in due, tre, quattro, duecento, mille.

A Corefab abbiamo a cuore i ragazzi. Tutti i ragazzi che frequentano le scuole e devono orientarsi nel mondo del futuro. Un futuro molto prossimo che noi, a fatica, sappiamo riconoscere. Che suggerimento daresti a chiunque si trovasse nella condizione di scegliere cosa-fare-da-grande?

Le domande si fanno sempre più difficili.

Siamo di fronte a un drammatico problema demografico: bambini e ragazzi ce ne sono sempre meno. Siamo già su valori di un bambino contro 5 anziani in Italia. Trentenni e quarantenni ce ne siamo fatti scappare moltissimi all’estero. Sarebbe fin troppo facile dire che ognuno dovrebbe seguire le proprie inclinazioni, ma a 13 anni (o anche a 18) che ne sai? Quindi non resta che dar retta a noi genitori (hahaha 😊). Sicuramente alle femminucce consiglierei di intraprendere un percorso STEM 😊. C’è ancora nel nostro paese una grande scarsità di presenza femminile in certe facoltà e/o in certi percorsi lavorativi. La pandemia ci ha insegnato che al mondo servono medici e scienziati, tutto il resto è pressoché inutile 😊. Scherzi a parte, lo sapete meglio di me, ognuno dovrebbe studiare e poi fare qualcosa che lo appassiona, ma non è semplice in un contesto nel quale, appunto, le professioni si evolvono alla velocità della luce ed il perimetro delle varie attività, è solo una linea sfumata. Posso solo dire che, a meno che non si scelga un’attività estremamente tecnica e specifica (da capire quale sia!), le competenze relazionali sono essenziali per qualsiasi lavoro. Saper lavorare in gruppo con gli altri valorizzando l’apporto di tutti, ascoltarli, essere reattivi al cambiamento, imparare a pensare veloce. Le competenze tecniche si possono imparare, sulle doti umane invece bisogna lavorare sin da piccoli. Le aziende dovrebbero imparare a premiare l’attitudine più che la competenza tecnica; invece spessissimo (specie in certi settori) ancora accade il contrario. Quindi fate benissimo voi di COREFAB a supportare questi ragazzi in una fase così delicata della loro vita.

Marco Menoncello e Nicoletta Caccia
Perche DrinknDraw e un ottimo apripista

Team building – Perché #DrinknDraw è un ottimo apripista?

Il paragone con lo sci, secondo noi, è molto azzeccato. Secondo il dizionario online di Treccani, l’apripista è “lo sciatore che nelle prove alpine percorre la pista prima che prenda il via il primo concorrente”. E in senso figurato, molto più interessante per noi, “chi per primo intraprende o sperimenta una nuova attività”. E ancora, secondo il dizionario online de Il Corriere della Sera si tratta dello “sciatore che batte una pista con gli sci per renderla scorrevole”. Come spesso capita nel nostro lavoro, lo sport offre spunti interessanti per l’interpretazione delle attività. Per aiutarci a capirne il senso e comprenderne il valore. Ciò perché ogni attività di team buildingrepetita iuvant – deve essere scelta accuratamente. Il suo svolgimento deve essere chiaro a chi in azienda la propone, la organizza. Altrimenti diventa difficile ipotizzarne gli esiti e, quindi, rendere utile la programmazione di queste attività. Soprattutto quando si tratta della prima volta. 

Guido Groppi racconta il vino durante una sessione di #DrinknDraw a Thiene, Vicenza.

Tornando quindi alla nostra domanda (quella del titolo), e sfruttando a nostro vantaggio il paragone sportivo, noi di Corefab pensiamo che #DrinknDraw sia un ottimo apripista (del benessere aziendale) per almeno tre ragioni che dobbiamo però elencare in senso logico: 

  • sono ancora molte le aziende che non hanno mai organizzato un’attività di team building strutturata. Un’attività che preveda un percorso: una domanda iniziale su cui riflettere, un esito da perseguire. Un’attività che presupponga, effettivamente, la collaborazione di tutti per arrivare ad un risultato. Quasi due su tre delle aziende che ci contattano lo fanno per la prima volta. Ciò ci suggerisce che il primo passo in questa direzione dovrà essere un’attività “apripista”, appunto. Un’attività che possa bussare alla porta dell’azienda, cercando di rendere l’esperienza (e la visione che l’esperienza si porta appresso) scorrevole. Così come fa quel primo sciatore che batte la pista. Diversamente, il rischio che l’esito della prima attività sia negativo è alto, altissimo;
  • se il mercato è davvero composto da attori che di attività di team building non ne hanno mai fatte (o ne hanno fatte poche), è bene che la prima sia un’attività di gruppo dove tutti possano collaborare, ma nessuno, singolarmente, si senta a disagio. Un’attività che preveda un risultato di gruppo e che non costringa nessuno ad esibirsi pubblicamente potrebbe essere l’inizio ideale. Il gruppo potrà proteggere gli elementi più timidi, riservati; i membri più aperti ed estroversi potranno invece contagiare i primi, nella speranza di ottenere un forte risultato di gruppo, anticipando la possibilità di generare un grande senso di appartenenza. Dove ognuno possa acquisire naturalmente il proprio ruolo nel gioco, presumibilmente diverso da quello previsto dall’organigramma aziendale;
  • ultimo, ma non certo per importanza, un mero dato economico: l’azienda che per la prima volta si trovasse nella necessità o volontà di organizzare un’attività di team building per i propri collaboratori potrebbe non conoscere la dimensione dell’investimento necessario. E anche se avesse previsto un budget per l’attività è possibile che sia (ragionevolmente) contenuto. Del resto, quante volte di fronte all’acquisto di qualcosa di “nuovo” meditiamo a lungo prima della scelta, nella speranza di fare l’acquisto più adatto a noi? E magari cerchiamo qualcosa che sia economicamente abbordabile? Ha perfettamente senso: la prima attività di team building, quella che consideriamo l’apripista di una cultura aziendale, deve essere accessibile, abbordabile. Senza tuttavia rinunciare ai risultati. Il primo episodio (così come gli altri, del resto) deve essere qualcosa di memorabile per tutti. O per quante più persone possibili. La prima volta non si scorda mai. Meglio che sia qualcosa di cui si possa avere buona memoria. E che sia divertente. 
Marco Menoncello introduce #DrinknDraw al team di Nexi Digital a Fara Gera d’Adda (BG)

Attenzione, è bene aggiungere un dettaglio importante circa il contesto economico: capita di frequente che l’ostacolo economico sia comunque di entità minore rispetto a quello culturale. Laddove la disponibilità economica sia grande, non è detto che ci sia la cultura per investire nel benessere passando per un’attività che preveda il gioco tra i colleghi. Questa è una ragione in più per cui il primo episodio di team building dovrà essere qualcosa di accessibile e che, nell’arco di due ore e mezza circa, possa generare dei risultati apprezzabili. 

Ora, tornando alla nostra domanda, perché #DrinknDraw è tutto questo? Forse è meglio spiegare nel dettaglio come funziona l’attività.

L’attività di team building #DrinknDraw prevede la creazione di un’etichetta di vino speciale che rappresenti un tema importante su cui l’azienda vorrebbe far riflettere il proprio team, i propri collaboratori. Questa attività prevede la collaborazione di tutti i partecipanti divisi in squadre, pur senza rischiare di esporre eccessivamente i personaggi più riservati, che beneficeranno del gruppo per esprimere il proprio potenziale. Un canvas, con un percorso guidato, aiuterà ogni squadra ad arrivare a destinazioni inaspettate. 

Nella prima fase, un sommelier farà un piccolo brief tecnico, con lo scopo di offrire tre coordinate necessarie alla descrizione tecnica di qualunque vino. E facendone assaggiare un sorso a chiunque volesse (attenzione: non è una degustazione di vino). A seguire, il team builder chiederà alle squadre di nominare “al buio” quattro diversi ruoli per ogni team (mkt manager, copy master, team sommelier e team leader). Fatto ciò i responsabili di ogni team, a turno, riceveranno l’assegnazione di un compito speciale per la loro squadra. La nomina di questi ruoli sarà libera. Il gruppo naturalmente sceglierà chi troverà più adatto al titolo, allo scopo. Pur senza poter prevedere quale task a queste persone verrà assegnato. È così che capita spesso che alcuni si sentano di osare, di lanciarsi, contagiati proprio dalla forza del gruppo

Uno dei team di Otovo, al termine di #DrinknDraw, si prepara per la foto “di cantina”

Nella seconda fase, a tempo, ogni squadra, seguendo il canvas di cui abbiamo fatto cenno, dovrà inventare e raccontare la storia del suo vino, della sua etichetta speciale, parafrasando il team assegnato inizialmente. Ciò mentre una parte del team, con i materiali contenuti in una speciale box di legno, si impegnerà per realizzare l’etichetta del proprio vino, cercando di confezionare la propria bottiglia vuota al meglio delle proprie possibilità e realizzando anche una speciale coreografia per la “foto di cantina”. Questa è la tipica situazione nella quale tutti fanno qualcosa. Tutti si sentono chiamati a dare il proprio contributo per lo svolgimento dell’attività. E laddove non lo facessero, si tratterà solo di dar loro di tempo. Qualche minuto in più per testare il clima del gruppo e trovare il momento giusto per intervenire. Per dire la propria. Per contribuire al risultato. 

Al termine, uno o più rappresentanti per ogni team, racconterà alla popolazione aziendale il proprio vino, la propria interpretazione del messaggio assegnato inizialmente per tramite dell’etichetta creata. Aggiungendo poi le ragioni che lo rendono speciale, diverso, originale. Il team userà il canvas per preparare il proprio speech e dovrà esibire l’etichetta di vino speciale realizzata, preparando il terreno per una conclusione che sia un’occasione per condividere un pensiero creativo con i propri colleghi celebrando il proprio team. Il risultato, sempre inaspettato e sempre originale, permetterà di condividere determinate capacità creative personali, collaborando e promuovendo l’idea di in un buon clima aziendale, spensierato e stimolante. E che tuttavia dovrà avere un senso. Dovrà condurre ad una spiegazione. Una riflessione che sarà condivisa e offrirà a tutti ulteriori spunti per apprezzare quanto la diversità di ogni gruppo sia un valore da celebrare. 

I ragazzi di Deloitte in posa, al termine di #DrinknDraw, per la foto “di cantina”

Per finire, il risvolto economico: #DrinknDraw è un percorso guidato stabile. Facilmente adattabile nella misura del tema e della storia aziendale. È gestito sempre da uno staff limitato a tre persone tra conduttore (una persona che introduca l’attività, ne detti i tempi e supporti le conclusioni), un sommelier (un professionista che offrirà la giusta ispirazione raccontando una storia vinicola in linea con le richieste aziendali), un fotografo (non solo per il reportage dell’attività, ma anche per la creazione della foto di gruppo, di “cantina”, finale a completamento del canvas). La presenza di sole tre persone e la semplicità strutturale del format (anche in relazione ai materiali che lo caratterizzano) fanno sì che il format sia pronto rapidamente e a prezzi accessibili. E ha condotto questa attività a diventare il best seller di Corefab società benefit. Ormai replicato in tantissimi contesti diversi e con finalità sempre nuove. Il migliore team building apripista che potessimo offrire per iniziare a ragionare sullo stato di benessere del gruppo. Anche per effetto della survey online anonima che oggi lo conclude e ci permette di analizzare quanto successo durante l’attività. 

Insomma, l’attività di team building #DrinknDraw pare che sia il giusto compromesso per “aprire la pista” di una nuova cultura aziendale. E lo fa, in modo del tutto italiano, con un piccolo assaggio di vino. Come rinunciarvi? 🙂

Marco Menoncello