Monitorare andamento attività di team building

Team building: 5 ragioni per cui è importante monitorare l’andamento delle attività.

L’attività di team building è sempre un momento speciale nella vita di un’azienda. Chi ne organizza con finalità meramente ludiche, per far divertire i partecipanti e permettere a tutti di stare bene insieme, staccando la spina dalla routine lavorativa quotidiana. Chi preferisce abbinare un tema all’attività, cercando di generare un impatto diverso sui partecipanti e con l’intenzione di renderla un’esperienza formante a tutti gli effetti. Chi invece abbina l’attività di team building a dei percorsi di formazione ancora più strutturati, con il chiaro intento di mettere in pratica metaforicamente quanto si è appreso. 

Insomma, qualunque sia il caso, l’attività di team building si pianifica, si organizza, si fa e poi finisce. E quando finisce giunge il momento di raccogliere le sensazioni dei partecipanti. Secondo noi di CoreFAB ci sono almeno 5 ragioni per cui deve essere considerato fondamentale intervistare le persone al termine di un’attività di team building. 

Indice gradimento attivita di team building
Lo staff di Tecnomat compila il sondaggio al termine della versione natalizia di #Foodietales

Monitorare il comportamento dei partecipanti consente di valutare l’efficacia dell’attività di team building. Analizzando le risposte e le reazioni, è possibile comprendere se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e se l’esperienza ha avuto un impatto positivo sulla coesione e la collaborazione del team. Attenzione, non si tratta meramente di comprendere l’indice di gradimento dell’attività, ma di porre una serie di domande che possano permetterci di verificare quale sia stata l’interpretazione che le persone hanno avuto dell’attività svolta. E farne seguire una corretta interpretazione. 

Osservare il comportamento delle persone fornisce preziose informazioni su quali elementi dell’attività di team building hanno avuto maggior successo e quali potrebbero essere migliorati. Questi dati consentono di adattare e ottimizzare le strategie future, creando esperienze più personalizzate e mirate. In questo caso, non stiamo parlando tanto degli organizzatori (che in ogni caso non possono prescindere dal monitoraggio delle proprie attività), ma ancora delle risorse dell’azienda. Ogni questionario, se ben posto, può fornire preziose informazioni su quello che potrà essere organizzato, con ancora più successo, in futuro. 

L’analisi del comportamento post-attività può rivelare nuove dinamiche di gruppo e individuare talenti o leadership emergenti. Capire come le persone si relazionano e emergono in situazioni di team building può essere un indicatore utile per lo sviluppo del talento e la pianificazione successiva delle risorse umane. Non dimentichiamo infatti quanto l’attività di team building possa essere considerata, sempre e comunque, un potentissimo rompighiaccio capace di rimescolare le carte in gioco, capace quindi di rimodulare i ruoli definiti dall’organigramma. L’attività di team building è un “palco” sul quale le persone tornano ad essere semplicemente se stesse, dimenticando ciò che ogni giorno fanno in azienda. 

individuare attivita team building efficaci
Lo staff di Chromavis Fareva compila il questionario al termine di una sessione di #Orienteering

Tracciare il comportamento dei partecipanti, interpretando le risposte consegnate, aiuta a misurarne il livello di coinvolgimento e motivazione. Questi dati forniscono informazioni vitali sulla soddisfazione complessiva e sull’entusiasmo del team, elementi cruciali per mantenere un ambiente di lavoro positivo e produttivo. Ma anche utilissimo agli organizzatori così come ai referenti aziendali con cui si organizza l’attività, per progettare scenari futuri sempre più adatti alle dinamiche del gruppo di colleghi, dei propri team di lavoro. 

Presentare dati concreti sul comportamento post-attività attraverso report strutturati consente ai professionisti delle risorse umane e ai manager aziendali di comunicare chiaramente i risultati ottenuti. E permette alla risorse in azienda di attribuire un valore concreto alle attività organizzate. In altre parole, è anche un modo molto semplice e inequivocabile per fidelizzare il proprio team, il proprio gruppo di colleghi, trovando nuovi spunti per aprire dibattiti e cercare di rendere sempre più inclusivo l’ambiente di lavoro. 

Noi di CoreFAB la pensiamo così. E cerchiamo di fare del nostro meglio per ottenere dati interessanti ogni anno. Come? Intervistando tutti i partecipanti alle nostre attività, con un questionario unico, anonimo e online, che viene proposto a tutti, indipendentemente dall’attività svolta. Un questionario, quindi, che di anno in anno viene aggiornato, ma solo al termine di un’attenta valutazione dei dati raccolti, degli scenari analizzati. Con quale scopo? Quello di aiutare le aziende che hanno bisogno di fare una scelta; le aziende che per la prima volta ci fanno una richiesta; le aziende che pensano già di sapere molto sui propri colleghi ma rimangono sorprese dall’esito inaspettato di un questionario, semplice ma chiaro, come il nostro. 

Ecco i finali raccolti nel 2023: https://www.corefab.it/survey/
Ci risentiamo tra un anno per capire come sono cambiate le cose!

Lo staff di CoreFAB

#siamotuttiindispensabili

Foto: www.unopuntoquattro.it

Come scegliere attività di team building

10 cose da sapere prima di scegliere l’attività di team building ideale per la tua azienda.

Se pensavi che organizzare attività di team building per i tuoi colleghi fosse una cosa semplice, ti suggeriamo un decalogo di riflessioni, prima di fare la tua scelta. O meglio ancora, prima di contattare CoreFAB o una qualunque altra azienda che abbia come scopo principale l’organizzazione di attività di team. Non pretendiamo di esaurire la quantità di riflessioni possibili. Questi spunti, tuttavia, potrebbero essere un buon inizio.

Definisci gli obiettivi dell’attività di team building. Qual è la ragione per cui vorresti organizzare un’attività di team building? Cosa vuoi ottenere dall’attività? Cosa vorresti ottenere dai partecipanti? Migliorare la comunicazione, aumentare la fiducia, stimolare la creatività, ragionare sul senso di appartenenza? Queste domande e le relative risposte aiuteranno noi (il fornitore) a suggerire l’attività più adatta; aiuteranno voi (il cliente) a circoscrivere l’ambito d’azione dell’intervento. Meglio che gli obiettivi siano pochi, chiari e raggiungibili. Un team che raggiunge un risultato insieme è un team soddisfatto. Un team che più facilmente potrà trasferire quanto imparato durante l’attività, nel proprio ambiente di lavoro. 

indoor team building idee
Arval durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion all’UCI Cinemas di Firenze

Considera le dinamiche di squadra già esistenti e le personalità dei membri del team. Quanto è profonda la tua conoscenza del team? Quanto è profonda la tua conoscenza delle singole persone che compongono quel team? Una delle principali ragioni per cui ti poniamo queste domande è che, molto spesso, le attività di team building sono organizzate a squadre. Le squadre devono essere equilibrate ed eterogenee. Senza pensare, almeno per una volta, all’organigramma aziendale. 

Scegli una data e un orario che siano convenienti per la maggior parte dei partecipanti. Assicurati di pianificare l’evento in modo che non interferisca con scadenze critiche o periodi di picco di lavoro. E ricordati di contemplare anche i tempi necessari per raggiungere la destinazione da parte di tutti.

Scegli attività di team building che siano adatte agli obiettivi e alle dimensioni del tuo team. Può trattarsi di giochi, attività all’aperto, sessioni di formazione, o una combinazione di queste. Se stai facendo un brief con il tuo fornitore, chiedi sempre le ragioni per cui ti stiamo facendo una proposta piuttosto che un’altra. L’attività di team building non è un soprammobile con colore e forma definiti. Si tratta piuttosto di un’attività di cui conosci l’inizio, ma non sempre la fine. Pertanto, anche ideare gli scenari conclusivi potrebbe essere un dettaglio importante per la tua organizzazione.

Seleziona una posizione appropriata e assicurati che sia accessibile a tutti i partecipanti. Considera anche la logistica, come il trasporto, l’alloggio e le strutture disponibili. Che si noleggi un transfer, o si faccia car-pooling, non sottovalutare le opzioni disponibili per inquinare il meno possibile. 

Se le attività richiedono una guida, assicurati di avere facilitatori capaci di condurre il gruppo. Questi possono essere membri interni con competenze specifiche o professionisti esterni specializzati in team building. Per fare questa scelta, è importante interrogarsi su quale potrebbe essere l’esito dell’attività, ma anche un possibile prosieguo futuro. Se l’attività di team building diventasse qualcosa di abituale, potrebbe trasformarsi in un rituale per i tuoi colleghi, generando grandi aspettative ogni qualvolta ne proporrai. E questo rituale potrà contribuire, nel suo piccolo, al perfezionamento di una cultura aziendale che mette le persone al centro. 

Le migliori attivita di team building outdoor
Chromavis Fareva alla fine di una sessione di #Orienteering a Selva di Clusone (BG)

Chiedi al fornitore quale sia il suo modo per raccogliere feedback sull’attività, sull’esperienza fatta. E come tu possa utilizzare questi dati per riflettere su quanto farai in futuro. Per riflettere insieme ai tuoi colleghi, su quale possa essere un buon modo per organizzare una prossima esperienza. 

Comunica chiaramente i dettagli dell’evento, compresi gli obiettivi, la data, l’orario, la posizione e qualsiasi altra informazione importante. Assicurati che tutti i partecipanti siano ben informati e siano a conoscenza di cosa aspettarsi. E non dimenticare di offrire informazioni adeguate sul vestiario più adatto a godersi l’attività insieme. Soprattutto per i casi in cui l’esperienza sarà all’aperto, in natura. 

Stabilisci un budget definito per l’evento. Per l’intero evento, non solo per l’attività di team building che ti proporremo. Quando avrai deciso quale budget dedicare all’evento, o all’attività di team building, non condividerlo subito con il fornitore. Ti sembrerà assurdo che un’azienda come la nostra ti suggerisca un comportamento simile, ma questa scelta ha un perché e non è affatto controproducente, nemmeno per noi. Preferiamo preoccuparci di creare percorsi di crescita che eventi singoli. Chiedi al fornitore un racconto chiaro  di esperienze in scenari simili al tuo. E prova a progettare un percorso più ampio per la tua organizzazione. Il beneficio sarà maggiore e il budget che avevi previsto potrebbe essere modificato in base a quelle che saranno le principali esigenze della tua organizzazione. 

SkillGames team building Outdoor
Met durante una sessione di #TrainYourTeam sul Lago di Pusiano, Merone (CO)

L’attività di team building può essere un momento spensierato e divertente per te e i tuoi colleghi. Un momento tanto felice da dimenticare eventuali dissapori per generare un nuovo clima. Approfitta di questo stato di benessere momentaneo per rimediare ad alcune situazioni. O per trasmettere, alla fine, dei messaggi importanti: la soglia dell’attenzione potrebbe essere più alta e la percezione del tuo messaggio migliore, rispetto allo stesso messaggio ascoltato da dietro la scrivania.

Ecco: non è tutto, ma è molto. Ordina questo decalogo come preferisci e preparati a fare la tua richiesta. Non avere fretta. Faremo del nostro meglio per rispondere a tutte le tue domande. Così come per raggiungere tutti i tuoi obiettivi. 

Marco Menoncello

#siamotuttiindispensabili

Foto: www.unopuntoquattro.it

Importanza fotografie nei team building

L’importanza delle fotografie nell’attività di team building: catturare quei momenti che rafforzano il team.

L’attività di team building è diventata un elemento essenziale per il successo delle organizzazioni e delle aziende. Oltre a promuovere l’interazione e la collaborazione tra i membri del team, queste esperienze offrono una serie di benefici che possono durare nel tempo. E proprio con il desiderio di fare eco, nel tempo, alle attività e a quella piacevole sensazione di energia tra i partecipanti, non possiamo dimenticare che tra gli strumenti più preziosi per catturare e preservare l’essenza di queste esperienze ci sono le fotografie. Ecco perché, alle volte è bene ricordare perché è importante fotografare l’attività di team building e come le immagini possono contribuire a consolidare e valorizzare il lavoro di squadra.

Team building Corefab sulla neve
#SurvivalGames sulla neve con l’azienda Greenflex a Gressoney (dicembre 2022)

Ricordi tangibili che durano nel tempo:

per quanto elementare sia questo concetto, le fotografie consentono di conservare ricordi tangibili dell’attività di team building. Mentre le esperienze possono svanire nella memoria nel corso del tempo, le immagini permettono di rivivere quei momenti speciali. Possono essere conservate e consultate in qualsiasi momento, creando un collegamento duraturo con l’esperienza di team building e rinforzando l’entusiasmo e il senso di appartenenza al gruppo. Ovviamente vale per le attività di team building come per qualunque altra cosa. Ma molti non ci pensano e dimenticano di usare, nel tempo, le foto raccolte, lasciandole in letargo in qualche hard disk. 

team building Milano coesione con Corefab
#DrinknDraw con l’azienda Gecal presso il golf club Chervò di Pozzolengo – BS (giugno 2023)

Promuovere l’interazione e il senso di appartenenza:

di seguito al punto che precede, non dimentichiamo quindi che le fotografie dell’attività di team building possono essere condivise con tutti i partecipanti. Questa condivisione crea un legame più forte tra i membri del team e promuove l’interazione sociale. Le immagini offrono l’opportunità di rivivere insieme quei momenti significativi, di commentarli e di condividere le emozioni vissute. Ciò rafforza il senso di appartenenza al team e crea una connessione più profonda tra i membri. Soprattutto quando l’attività ha funzionato e i colleghi (non solo in foto) sorridono! 🙂 

Strumento per la promozione interna ed esterna:

le fotografie possono essere utilizzate come strumento di promozione interna ed esterna dell’organizzazione. Quando condivise internamente, le immagini trasmettono un messaggio positivo sull’impegno dell’organizzazione nel favorire il benessere dei dipendenti e lo sviluppo del team. All’esterno, le fotografie mostrano un’immagine accattivante dell’azienda, evidenziando l’importanza data alla costruzione di un team coeso e motivato. Possono essere pubblicate sui siti web, sui profili dei social media o utilizzate in materiali promozionali. “Elementare Watson”, direbbe il noto Holmes. Tuttavia le aziende che non fanno questa scelta sono ancora moltissime. E il tema del benessere rimane ancora da esplorare ampiamente. 

Lego team building con Corefab e Daniele Cassioli
#LaSvista con Daniele Cassioli e Marcos Sanchez per Doctolib, a Milano, presso gli uffici di WeWork (luglio 2023)

Valutazione e miglioramento:

le fotografie offrono una prospettiva visiva dell’attività di team building e possono essere utilizzate come strumento di valutazione e analisi. Osservando le immagini, è possibile valutare l’atteggiamento dei partecipanti, l’interazione tra di loro e identificare eventuali aree di miglioramento. Le fotografie possono essere utilizzate come punto di partenza per discussioni e feedback post-evento, consentendo al team di riflettere sull’esperienza e di apportare eventuali modifiche o regolazioni per le future attività di team building. Un modo per dire che, insomma, divertirsi è bene. Analizzare poi il modo in cui ci si è divertito è meglio. Anzi, è incredibilmente utile per capire come le persone si sono relazionate tra loro e come progettare le prossime attività. 

Materiali di formazione e comunicazione:

last but not least, e ancora una volta per quanto scontato possa sembrare, le fotografie possono essere integrate in presentazioni o materiali di formazione relativi all’attività di team building. Possono essere utilizzate per illustrare i concetti, le dinamiche di gruppo e le esperienze vissute. Le immagini rendono il materiale più coinvolgente e permettono ai partecipanti di visualizzare gli aspetti chiave dell’attività. Inoltre, le fotografie possono essere condivise anche con i nuovi membri del team, fornendo loro un’idea visiva delle esperienze passate e dell’identità del gruppo. Un modo 2.0 per dare il benvenuto alle nuove risorse. E fargli sperare che, prima o poi, arriverà anche il loro momento di cimentarsi in qualche esperienza simile, mettendo in gioco il proprio ruolo. 

Ecco perché Corefab garantisce ai propri clienti la possibilità di raccogliere un reportage fotografico delle attività organizzate durante l’anno. Un modo utile anche per staccare la spina, posare il proprio cellulare e fare in modo di concentrarsi su quelle attività, giocose o sfidanti, che richiedono l’impegno di tutti. E soprattutto un metodo assolutamente efficace per immortalare quell’impegno straordinario di cui siamo capaci tutti, fuori dagli schemi dell’organigramma. 

Marco Menoncello
Foto: www.unopuntoquattro.it
Divertirsi per lavorare bene e possibile ed efficace

Team building, divertirsi per lavorare bene è possibile ed efficace,

Team building, divertirsi per lavorare bene è possibile ed efficace

La leggenda narra di un noto direttore HR che, poco dopo l’ingresso nel nuovo millennio, suggerì di prendere in prestito l’idea della chat social per realizzare la chat aziendale. In risposta, qualcuno ai piani alti (più alti) avrebbe improvvisamente tuonato, “siamo qui per lavorare, non per divertirci”. Qualche anno dopo, e con qualche triliardo di messaggi in più, la chat aziendale diventava uno strumento indispensabile e (alle volte) irrinunciabile per agevolare la comunicazione tra colleghi della medesima azienda. 

In modo simile, forse meno leggendario, qualche settimana fa il dirigente di una nota azienda usava le stesse parole per rispondere ad un direttore HR che proponeva di organizzare attività di team building per migliorare il clima aziendale: “siamo qui per lavorare, non certo per divertirci”, ripeteva lui. Come se il divertimento fosse possibile solo prima delle 9:00 o dopo le 18:00. Prima o dopo l’orario di lavoro, per intenderci. Come se avesse paura che tra le 9:00 e le 18:00 un momento divertente potesse trasformarsi in distrazione.  

Qualche tempo dopo, proprio all’esito di un’attività di team building, lo stesso dirigente scopriva alcuni dettagli curiosi sulla popolazione aziendale che vi aveva partecipato. Così forse ricredendosi (questo è quello che speriamo noi) sulle conseguenze del divertimento nel contesto aziendale. 

Attenzione, non fraintendete. Il lavoro è una cosa seria. Molto seria. Ma lo è anche il divertimento. Quindi, lo è anche il modo in cui il divertimento può contribuire al miglioramento delle relazioni. Al miglioramento del clima aziendale. E di conseguenza, al miglioramento dei risultati professionali. 

Noi di Corefab, anche nel 2023 stiamo raccogliendo dati su quanto accade al termine delle nostre attività di team building. Non tanto per controbattere a quella nota esclamazione. E nemmeno per verificare l’indice di gradimento delle nostre attività. Piuttosto per verificare come il divertimento possa contribuire, almeno in parte, al proprio modello di lavoro aziendale, in uno scenario che sempre più deve fare i conti con un tasso d’abbandono delle risorse sempre più incidente. E verificando le considerazioni post evento fatte con i nostri clienti, ci sentiamo di dover condividere alcuni dati con voi. E vi chiediamo di attendere la fine del 2023 per avere la resa dei conti. 

Per esempio, partiamo da una premessa: in modo leggermente più incoraggiante di quanto vi scrivemmo nel 2021 (qui l’articolo a cui mi riferisco), oltre il 35% degli intervistati a gennaio 2023, ammette di non essere particolarmente entusiasta prima dell’attività di team building. 

Estratto del sondaggio Corefab 2023 – risultati complessivi gennaio

Abbiamo ragione noi”, diranno quelli che non erano d’accordo sull’introduzione della chat aziendale o sulla programmazione dell’attività di team building. La verità, invece, potrebbe essere un’altra: ancora una grande fetta della popolazione aziendale, quando è invitata a fare qualcosa di non ordinario, qualcosa che non fa parte della normale routine lavorativa, rimane pensierosa, dubbiosa, perplessa. Ci si chiede perché l’azienda abbia organizzato un momento del genere. Cosa voglia ottenere. O ancor peggio, cosa vogliano sapere da noi. Sì, proprio da te. E laddove l’organizzatore dell’evento perdesse 35 invitati ogni 100, l’obiettivo di progettare momenti di aggregazione speciali, sarebbe sempre più faticoso da raggiungere. Tuttavia, anche in questo caso, e riferendosi esclusivamente ai dati di gennaio 2023, il 98% dei colleghi invitati partecipa stabilmente alle attività straordinarie. Tanto da pensare che quei pochi esclusi (sempre meno) potrebbero esserlo per effettive cause di forza maggiore. 

Quindi, il primo dato sensibile importante è che anche coloro che non impazzivano all’idea di fare un’attività straordinaria, si sono presentati. Bene: “è un ottimo inizio” dirà chi in azienda si occupa di benessere. E considerando che sempre più spesso l’attività programmata con noi è una sorpresa (non ne vengono condivisi i dettagli tra gli invitati prima) significa che l’invito aziendale ha funzionato. Le persone, comunque vada, si fidano della proposta. O di chi l’evento l’ha organizzato. 

Andiamo oltre. 

Secondo i dati in nostro possesso, sono sempre meno le persone che vivono l’esperienza di team building per la prima volta. Certo, qualcuno potrà obiettare che l’intervistato potrebbe aver considerato nel conteggio anche la cena aziendale di fine anno o l’anniversario aziendale con il comico sul palco e la band in fondo allo stesso palco. Si tratta, indubbiamente, di momenti di aggregazione diversi. Considerando tuttavia l’offerta di proposte di team building attualmente disponibili sul mercato, abbiamo motivo di credere che i dati siano sempre più precisi. E sempre più spesso, quindi, i partecipanti, avendo partecipato a più attività nel tempo, potrebbero essere capaci di qualificare l’esperienza come efficace o non efficace. Dove per efficace possiamo intendere la possibilità di conoscere meglio i colleghi, di condividere un momento emozionante, di cominciare a considerare la propria azienda con occhi molto diversi. Più umani.

Estratto del sondaggio Corefab 2023 – risultati complessivi gennaio

A questo punto, riassumiamo:

  • un po’ meno persone di quanto rilevato nel 2021 rimangono intimorite dall’invito a partecipare ad una giornata straordinaria;
  • sempre più persone partecipano alle attività pianificate dall’azienda;
  • sempre più persone, nel tempo, hanno esperienza di cosa significhi fare team building, tanto da comprenderne, almeno all’apparenza, la reale efficacia nel contesto lavorativo.

Non ci rimane che sperare che la maggior parte di queste persone considerino importanti le relazioni sul posto di lavoro come metro di misura del benessere aziendale. Cosa che, a giudicare dai risultati del prossimo grafico (dove il sì è schiacciante) ci fanno presumere che forse, un po’ di sano e organizzato divertimento nella vita di ogni azienda, non può che migliorare i rapporti, unire i colleghi e fare in modo che ci si prenda cura gli uni degli altri, anche e soprattutto in quel lavoro (roba seria) che siamo invitati a condurre, ognuno nel proprio ruolo, tutti i giorni. 

Estratto del sondaggio Corefab 2023 – risultati complessivi gennaio

Insomma, senza nulla togliere alla serietà di cui il lavoro deve essere pervaso, ovunque e comunque, potremmo quindi affermare che siamo tutti qui a lavorare, ma – potendo scegliere – divertendoci. E divertendoci – ne siamo certi – anche il lavoro andrebbe meglio. E quando servisse essere seri, lo si farebbe con maggiore determinazione e impegno. Non fosse altro che per l’alternanza (molto umana, se ci pensate) di momenti diversi. Come nella vita di tutti i giorni. Di tutti i giorni, appunto. Anche quelli lavorativi. 

Ci risentiamo tra qualche mese. E vedremo come prosegue la raccolta dati.

Marco Menoncello
Team building Servono senso ritmo e partecipazione.

Team building? Servono senso, ritmo e partecipazione.

Team building? Servono senso, ritmo e partecipazione.

Senso

I partecipanti al Master EMMIO di SDA Bocconi cercano il senso in una foto aerea a conclusione di una nostra attività.

Di solito va così: arriva una richiesta, una mail, una telefonata, un WhatsApp sul profilo aziendale. “Vorremmo organizzare un’attività di team building prossimamente; indicativamente per questa data; verosimilmente in questa location”. Noi cerchiamo di essere rapidi, rapidissimi.

Rispondiamo, ci presentiamo, ringraziamo per averci contattato e poi, tirando il freno a mano, chiediamo a tutti: 

come mai volete organizzare questa attività? O più semplicemente, se poteste scegliere una parola chiave che rappresenti l’attuale necessità della vostra azienda, quale sarebbe? Una keyword, una parolina magica che racchiuda il senso di ciò che desiderate ottenere vivendo questa esperienza”

A quel punto l’interlocutore rimane in silenzio, sospira, riflette. E almeno nove volte su dieci risponde così: “beh, vorremmo promuovere la collaborazione. Far comprendere ai colleghi quanto sia importante per andare avanti”. 

Tuttavia, se ci pensate bene, il tema della collaborazione dovrebbe essere già radicato nell’esperienza di team building. Dovrebbe essere qualcosa di connaturato all’attività che andiamo a pianificare. Fatto salvo naturalmente per le esperienze meramente ludiche, di svago, o per le attività che possano essere fatte individualmente senza raggiungere uno scopo comune. La collaborazione, in altre parole, è il pre-requisito dell’esperienza di team building. Deve esserlo. E una volta spiegato questo concetto cerchiamo di approfondire e arrivare al nocciolo della questione: la parola “magica”. Quella cosa che il committente sente che manchi in azienda. O che debba essere approfondita. 

E allorché le risposte arrivano (ascolto, fiducia, tolleranza, l’essere speciale, la peculiarità di ciascuno, l’abbattimento degli stereotipi, la comunicazione, ecc.), non possiamo che analizzarle e costruirci sopra il miglior percorso possibile. Un percorso che consenta ai partecipanti di collaborare per arrivare allo scopo. Arrivare alla comprensione della parola chiave, passando per l’esperienza diretta. E perfezionando, quasi in sordina rispetto al resto, le proprie capacità collaborative in un contesto ben diverso da quello professionale. Un contesto inaspettato. Fuori dall’ordinario. Straordinario, appunto. Qui finisce, almeno per ora, il tema di dare un “senso” all’attività. E l’attività, invece, inizia. 

Ritmo

Durante una nostra sessione di BodyIsAPercussion, i colleghi di CBRE si esibiscono con ritmo ed entusiasmo

Servono anche ritmo e partecipazione. E a pensarci bene, sono due temi strettamente connessi. Senza i quali l’attività non può concretizzarsi. Il ritmo è una nostra responsabilità. Un impegno che noi organizzatori dobbiamo assumerci non tanto per dimostrare l’efficacia delle nostre attività. Quanto piuttosto per trasferire a tutti i partecipanti il concetto di essere indispensabili nel gruppo. Di quanto sia importante il gruppo per lo sviluppo individuale. E senza il “ritmo” difficilmente raggiungeremo il nostro scopo. 

Ritmo, in questo caso, possiamo considerarlo sia in senso proprio – il “metronomo” delle nostre attività, pensiamo ad esempio a quelle di natura musicale – sia in senso lato – il fatto di costruire dei percorsi che prevedano pause o stop solo se programmati, non casuali, per evitare il rischio di disperdere l’interesse e l’entusiasmo dei partecipanti. In buona sostanza, le attività di team building – tutte – non possono prescindere dal ritmo. Non possono prescindere da una costruzione logica, dall’individuazione di un percorso che metta tutti gradatamente nelle condizioni di lavorare, o di collaborare, al raggiungimento dello scopo. E se il ritmo dovesse venir meno, i musicisti si perdono. Volete un esempio? Pensate ad un’attività di team building dove l’azienda, divisa in gruppi, debba attendere troppo tempo per eseguire la sua performance. Pensate ad un’esperienza che preveda un punto di destinazione (non finale, ma intermedio) che l’organizzatore non aveva calcolato. Non certo un imprevisto naturale come la pioggia estemporanea nel mezzo di un’attività. Magari l’aver dimenticato tutti gli attrezzi necessari alla conclusione del manufatto che la squadra dovrà realizzare; l’aver dimenticato di indicare un punto sulla mappa durante una caccia al tesoro; aver dimenticato di spiegare tutte le regole di un’attività poco prima che il timer sia partito. Cose apparentemente banali o sviste cruciali? Nel nostro caso, dobbiamo purtroppo classificarle come delle sviste determinanti. Dettagli che influirebbero negativamente sul ritmo dell’attività e che ci costringerebbero a gestire imprevisti importanti. Effetti indesiderati. Ben poco utili ai fini per cui il team building è progettato.  

Partecipazione 

Un team di Deloitte molto partecipativo alla fine di una sessione di #DrinknDraw.

E poi c’è la partecipazione. Quella cosa che, dicevamo, è strettamente in relazione con il ritmo. Se riesco a tenere il ritmo, sarà più facile promuovere la partecipazione di tutti. O almeno del più alto numero possibile di partecipanti. Insomma, la partecipazione diventa quindi una conseguenza del lavoro fatto prima. Se ho costruito un’attività che abbia un senso, e se quel senso si sviluppa in un contesto che ha ritmo, sarà più facile ambire al coinvolgimento dei partecipanti. Sarà più facile trascinare il team nel mood positivo o riflessivo che un evento del genere dovrebbe avere. E sarà determinante fare attenzione a tutto quello che succede durante l’attività. Sarà rilevante fotografare (non tanto letteralmente) i momenti migliori, più profondi o più complicati rispetto a quella che era l’iniziale richiesta di senso offerta dal nostro cliente. Anche perché, riflettiamoci insieme: se la collaborazione è radicata nell’attività di team building e, quindi, non dovrebbe essere scambiata per il principale o l’unico obiettivo, un output che invece possiamo pretendere dalle nostre attività è la migliore partecipazione possibile di tutti gli attori. Di tutti i colleghi di un’azienda (e affinché possano replicare il modello partecipativo nel mondo del lavoro). Diversamente nel momento cosiddetto di debrief finale, non riusciremo ad avere l’attenzione di tutti. E non riusciremo ad analizzare con interesse e consapevolezza tutte le relazioni, i lavori, gli speech finali di ogni singolo gruppo. Esiti la cui natura non è affatto (e fortunatamente, suggeriamo noi) prevedibile. Così poco prevedibile che richiederà, guarda caso, la migliore attenzione (e partecipazione) di tutti. 

Potremmo pensare ad un paragone verosimile. La musica. Il jazz, in particolare. Quella musica che sembra irregolare e che tuttavia arriva sempre ad una fine dove tutti i musicisti trovano un senso. Il jazz ha ritmo, richiede partecipazione da parte di tutti i musicisti della band, nonché la collaborazione alla ricerca di un senso: i diversi assolo degli strumentisti conducono a finali inaspettati; e solo ascoltandoli, si può giungere alla fine del percorso, ritornando – in musica – al tema principale. Ecco, il vostro team aziendale è come una band che, consapevolmente o meno, suona uno spartito, tiene il ritmo, vuole la partecipazione di tutti e costruisce l’evoluzione del suo percorso in modo del tutto inaspettato, pur tornando sulla fine alla definizione di un senso. Di un tema principale. Senza il quale tutto il processo perderebbe, appunto, di senso. 

E se ci fosse un problema sul percorso? Duke Ellington, noto jazzista, aveva una risposta più che valida: “un problema è una possibilità che ti viene offerta per fare meglio”.

That’s all.

Marco Menoncello
Un modello costruito durante un recente sales meeting di ABB 1

Con le nostre mani possiamo cambiare il mondo?

Lo abbiamo chiesto a Marcos Sanchez. E le risposte meritano una lunga riflessione.

Nel 2003 Ben Harper pubblicava il singolo With My Own Two Hands, estratto dall’album Diamonds On The Inside. Poche ore dopo la sua pubblicazione, appassionati di musica ovunque nel mondo cantavano due versetti dalla semplicità straordinaria, ballando un reggae che molti di noi ricorderanno per sempre: “I can change the world with my own two hands. Make a better place with my own two hands. Make a kinder place”. Posso cambiare il mondo con le mie mani. Costruire un posto migliore con le mie mani. Creare un posto più gentile. Parole chiare, comprensibili a tutti. Apparentemente scontate. E tuttavia così dense di significato da permettere a chiunque di fermarsi a riflettere, anche solo per un attimo, sulle proprie potenzialità. Su quello che, dal basso, possiamo fare per cambiare il mondo. Il nostro mondo. Quello piccolo, vicino a noi. Che poi è sempre parte di quello grande che potrebbe nel tempo godere delle nostre belle piccole azioni. 

E poi arriva l’inizio del 2022, quando Corefab società benefit conosce Marcos Sanchez (oggi nel nostro staff: clicca qui). L’incontro è fantastico. Anche se non ne nasce una hit musicale. Anche se nessuno canta le nostre gesta. Ma le mani e quello che le mani possono fare per cambiare il nostro piccolo mondo rimangono centrali. Marcos è facilitatore LEGO® SERIOUS PLAY®. Marcos ci fa notare, lo ha imparato bene, che pensiamo per lo più con le nostre mani. Che tutto ciò che facciamo con le nostre mani riesce a raggiungere più facilmente il cuore. Riesce ad essere consapevolizzato prima. E riesce a fare la differenza. In noi e in chi ci sta intorno.

E allora Marcos, perché le nostre mani sono tanto importanti?

Le nostre mani hanno un potere incredibile grazie alla stretta connessione con il nostro cervello. Sono come il Google del nostro cervello, ci permettono di fare da motore di ricerca estraendo tutta quella conoscenza che sappiamo ma non sappiamo di sapere. Liberano intuito, ispirazione e immaginazione. 

La paperella Lego, uno strumento per iniziare i partecipanti alle nostre attività con mattoncini. 

Nel contesto aziendale, e non solo, come le nostre mani possono aiutare noi stessi e i nostri colleghi a costruire relazioni solide?

Le nostre mani ci aiutano a far emergere tutta quella conoscenza inconscia ed intuitiva con cui tutti i giorni prendiamo le decisioni ed agiamo. Prendendo consapevolezza di questa conoscenza riusciamo a comunicare meglio con noi stessi e con gli altri. Siamo dunque capaci di prendere decisioni migliori sia individualmente che in team.

D’altra parte, con le mani creiamo, costruiamo, disegniamo, scriviamo, diamo forma alle cose. E tutto ciò che è una nostra creazione assume un grande valore, soprattutto per l’individuo che ha creato. Dare forma a ciò che per noi è importante e di valore ci permette di trasmettere concretamente all’esterno chi siamo realmente. Questa trasparenza e vulnerabilità ci permettono di generare empatia, fiducia e costruire relazioni solide con gli altri.

Cos’è esattamente LEGO® SERIOUS PLAY®?

LEGO® SERIOUS PLAY® è una metodologia di facilitazione dei processi di pensiero, comunicazione e problem solving per persone, team e organizzazioni attraverso l’utilizzo di mattoncini LEGO®. I partecipanti ai workshop costruiscono modelli con i mattoncini per rispondere alle domande del facilitatore, per condividere il loro pensiero al gruppo e per riflettere insieme. Partendo dai modelli di ogni singolo partecipante è possibile costruire modelli comuni, scenari, sistemi, connessioni che permettono di analizzare e risolvere problemi complessi in azienda come lo sviluppo di strategie, l’identificazione di visione e valori, lo sviluppo del team, la gestione del cambiamento e molte altre situazioni.

LEGO® SERIOUS PLAY® è un Gioco Serio, cioè un’attività seria in un contesto di gioco finalizzata al raggiungimento di un obiettivo, in cui tutti partecipano attivamente ai processi decisionali e ogni persona viene valorizzata con le sue idee e pensieri.

Marcos Sanchez a Napoli durante l’attività #FocusOnYourGoals con il team di Fanpage.

Qual è il tuo percorso di studi? Come legarlo alla tua passione per i LEGO® e alla tua attività di facilitatore?

A titolo professionale sono un Ingegnere Gestionale. La scelta del percorso deriva dal fatto che sono sempre stato affascinato dalla complessità e sistematicità delle organizzazioni. Mi piace paragonare le aziende all’organismo umano in quanto entrambi sono sistemi altamente complessi, in cui ogni singolo elemento ha una sua importanza e valore per permettere al sistema intero di funzionare perfettamente.

Durante il mio percorso di studi, essendo un gran appassionato e collezionista di LEGO®, scopro la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® nata appositamente per il business come strumento per risolvere i problemi complessi delle organizzazioni. Il mix delle competenze di gestione delle organizzazioni, le tecniche di facilitazione e la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® mi permettono di fare da “dottore” delle aziende per curare i problemi, accompagnare nei processi di cambiamento, aiutare a ottimizzare le performance e i risultati. 

C’è un momento in cui hai capito che questa sarebbe stata la tua strada?

Sì, dal primo giorno che ho sperimentato come partecipante un workshop LEGO® SERIOUS PLAY®. Ho vissuto con le mie mani le sue potenzialità e l’impatto che ha generato nel gruppo di lavoro. In qualche modo è come se mi si fosse aperto un mondo. Ho visto davanti ai miei occhi concretizzarsi pensieri ed idee con una tale chiarezza, che fino a quel momento non ero ancora riuscito ad acquisire. Ho visto lo stesso effetto anche negli altri partecipanti ed è stato davvero impattante. È davvero difficile da descrivere a parole, certe cose vanno vissute direttamente. Invito chiunque abbia un pochino di curiosità nei confronti della metodologia a partecipare ad un workshop, vale assolutamente la pena vivere questa esperienza!

Come il contesto familiare può aiutare a sviluppare il nostro potenziale?

La famiglia è un’organizzazione, la prima organizzazione in cui evolviamo, veniamo educati e cresciamo. Come tale ha un’importanza vitale e fondamentale per lo sviluppo del nostro potenziale. Qualcuno dice che siamo il risultato delle 5 persone che più frequentiamo. E sicuramente, almeno in giovane età, l’età dello sviluppo, la famiglia è quella che più frequentiamo. Mi piace vedere la famiglia come l’unità elementare, una cellula della nostra società. Credo che quanto più queste cellule saranno sane, forti, solide, tanto più l’intero organismo (società) lo sarà di conseguenza. In questo condivido pienamente le tue parole iniziali “Su quello che, dal basso, possiamo fare per cambiare il mondo. Il nostro mondo. Quello piccolo, vicino a noi. Che poi è sempre parte di quello grande che potrebbe nel tempo godere delle nostre belle piccole azioni.” La famiglia è un piccolo mondo, ma è anche in questo contesto che si costituiscono le fondamenta su cui costruire grandi mondi.

E con Corefab, quale strada hai iniziato? Dove pensi si possa arrivare?

Con Corefab ho intrapreso la strada del sorprendere, stupire e di quella favolosa magia con la quale vogliamo trasmettere valori autentici, puri e sani. Credo che il cuore con cui progettiamo ed eroghiamo le attività facciano la differenza in quanto mettiamo al centro le persone con il loro valore, i loro talenti, le loro qualità, le loro visioni, aspirazioni e desideri. È così che vogliamo fare il nostro per cambiare il mondo. È così che possiamo cambiare il mondo, quello piccolo vicino a noi.

Marco Menoncello
Outdoor team building perche organizzarli

Team building, che ci crediate o no, si usava già nel Pleistocene

Prendo spunto dalla realtà. La mia, se non altro.

Approfitto del libro che mi è stato regalato recentemente. Un saggio, decisamente affascinante, di Annamaria Testa, dal titolo Le Vie del Senso. Sono ormai oltre la metà, ma devo fare un salto indietro, all’inizio del secondo capitolo che si apre con la seguente riflessione.

Il linguaggio verbale umano è la maggiore invenzione della nostra specie e il nostro principale vantaggio evolutivo. Ci permette di pensare, di ricordare meglio, di accumulare e trasmetterci conoscenza. E ci permette di capirci e di cooperare in una molteplicità di forme. 

Noi esseri umani siamo (…) una specie ultra-sociale. E lo siamo perché abbiamo sviluppato un’attitudine ad informare gli altri esseri umani su cose che potrebbero essere utili o interessanti per loro

Utili e interessanti. Ripeto, utili e interessanti. Quali sono quelle cose che potrebbero essere “utili o interessanti” per i nostri interlocutori? 

Forse non è il tema centrale del saggio di Annamaria Testa, ma lo è per noi, organizzatori di team building, che passiamo le giornata spiegando ai clienti quali siano le ragioni per cui sia rilevante organizzare le nostre attività. 

Poiché, lo ripetiamo spesso: nel 99% dei casi (non esagero) alla domanda, “perché vorreste organizzare un’attività di team building? Perché avete pensato a questa soluzione? Cosa vi ha spinto a chiamarci”, la risposta è sempre la stessa. “Beh, pensavo che fosse un’occasione per consolidare la collaborazione”. Certo, lo è, confermiamo noi. Fare attività di team building è un’ottima occasione per consolidare i rapporti, per celebrare la cooperazione tra membri dello stesso staff.

I colleghi di Progesto s.r.l. società benefit si confrontano durante una sessione di #DrinknDraw

Ma a pensarci bene, la collaborazione non è solo un obiettivo. E’ un mezzo che può condurre ad un altro fine. 

Qualunque attività organizzata da Corefab società benefit, o da altri colleghi nello stesso campo, non può prescindere dalla collaborazione. Anzi, la collaborazione nelle attività si respira meglio dell’ossigeno. La collaborazione è indubbiamente l’obiettivo da raggiungere a lungo termine, qualcosa che va allenato con costanza. Se tuttavia dovessimo scegliere degli obiettivi a breve a termine che possano poi condurre alla collaborazione a tutto campo, potremmo scegliere, più facilmente, la conoscenza reciproca?

Scegliere un linguaggio (quello delle attività di team building) per mettere al centro quel “vantaggio evolutivo” che ci permette di comunicare, a differenza di altre specie, anche le emozioni. Anche le perplessità, anche le delusioni, le paure o i “mal di pancia” ai quali si è esposti in azienda. 

Daniele Cassioli si confronta con i collaboratori di Pini Group durante una sessione di #LaSvista

In altre parole, se pensassimo al team building come all’occasione per informare i nostri colleghi su cose che potrebbero essere utili per loro, e se concordassimo che le cose “utili” possono essere anche i nostri racconti personali, avremmo davvero applicato quell’indiscusso vantaggio evolutivo.

E avremmo, già nel breve termine, consolidato una conoscenza reciproca che consentirà alle persone, ai colleghi, al gruppo, di aver cura delle persone intorno a sé non più in quanto colleghi, ma in quanto persone, con le stesse ambizioni, fragilità, dubbi o desideri.

Questo è il piccolo grande segreto dell’attività di team building. Questa è la piccola grande differenza che separa le nostre attività da altre attività che, sul mercato, sono note con la locuzione “leisure experience”.

E che, per loro diversa natura, non concedono il tempo di approfondire le relazioni personali. Ed è giusto così, ma va spiegato: la quantità di offerte online ambigue genera spesso confusione tra i clienti che cercano, per la prima volta, di approcciare l’attività di team building. Se ci fate caso, stiamo ancora sempre parlando di interpretazione del linguaggio. 

Ad ogni modo, ritornando sulle parole di Annamaria Testa, accumulare e trasmettere conoscenza, anche su fatti che solo in apparenza possono sembrare futili (qual è stato il mio sogno da bambino? dove ho vissuto? da quale figura famigliare ho imparato a fare l’una o l’altra cosa? qual è il mio principale ostacolo alla conoscenza reciproca?) è utile, oltre che ampiamente consigliato, per costruire team rispettosi, inclusivi, partecipativi e poi – solo poi – proattivi.

Perché la collaborazione è il fine ultimo. E già la pensavano così, milioni di anni fa, gli homo del pleistocene: capire che collaborare poteva servire a procurare più cibo fu un passo fondamentale. Un passaggio ottenuto senza la maggior dimestichezza che oggi abbiamo – indiscutibilmente – con il nostro linguaggio. 

Oggi che sfruttiamo quel vantaggio quotidianamente, possiamo concederci il lusso di pensare che grazie alla comunicazione reciproca cooperiamo. E lo facciamo meglio. Lo facciamo in una “molteplicità di forme”. E possiamo generare risultati pazzeschi, migliorando il clima in azienda e producendo energia per chi sta intorno a noi. Magari contagiandolo con la nostra voglia di raccontare, con la voglia di stare insieme e creare team. Con il desiderio di dimostrare, continuamente, la nostra ultra-socialità.

Marco Menoncello