Monitorare andamento attività di team building

Team building: 5 ragioni per cui è importante monitorare l’andamento delle attività.

L’attività di team building è sempre un momento speciale nella vita di un’azienda. Chi ne organizza con finalità meramente ludiche, per far divertire i partecipanti e permettere a tutti di stare bene insieme, staccando la spina dalla routine lavorativa quotidiana. Chi preferisce abbinare un tema all’attività, cercando di generare un impatto diverso sui partecipanti e con l’intenzione di renderla un’esperienza formante a tutti gli effetti. Chi invece abbina l’attività di team building a dei percorsi di formazione ancora più strutturati, con il chiaro intento di mettere in pratica metaforicamente quanto si è appreso. 

Insomma, qualunque sia il caso, l’attività di team building si pianifica, si organizza, si fa e poi finisce. E quando finisce giunge il momento di raccogliere le sensazioni dei partecipanti. Secondo noi di CoreFAB ci sono almeno 5 ragioni per cui deve essere considerato fondamentale intervistare le persone al termine di un’attività di team building. 

Indice gradimento attivita di team building
Lo staff di Tecnomat compila il sondaggio al termine della versione natalizia di #Foodietales

Monitorare il comportamento dei partecipanti consente di valutare l’efficacia dell’attività di team building. Analizzando le risposte e le reazioni, è possibile comprendere se gli obiettivi prefissati sono stati raggiunti e se l’esperienza ha avuto un impatto positivo sulla coesione e la collaborazione del team. Attenzione, non si tratta meramente di comprendere l’indice di gradimento dell’attività, ma di porre una serie di domande che possano permetterci di verificare quale sia stata l’interpretazione che le persone hanno avuto dell’attività svolta. E farne seguire una corretta interpretazione. 

Osservare il comportamento delle persone fornisce preziose informazioni su quali elementi dell’attività di team building hanno avuto maggior successo e quali potrebbero essere migliorati. Questi dati consentono di adattare e ottimizzare le strategie future, creando esperienze più personalizzate e mirate. In questo caso, non stiamo parlando tanto degli organizzatori (che in ogni caso non possono prescindere dal monitoraggio delle proprie attività), ma ancora delle risorse dell’azienda. Ogni questionario, se ben posto, può fornire preziose informazioni su quello che potrà essere organizzato, con ancora più successo, in futuro. 

L’analisi del comportamento post-attività può rivelare nuove dinamiche di gruppo e individuare talenti o leadership emergenti. Capire come le persone si relazionano e emergono in situazioni di team building può essere un indicatore utile per lo sviluppo del talento e la pianificazione successiva delle risorse umane. Non dimentichiamo infatti quanto l’attività di team building possa essere considerata, sempre e comunque, un potentissimo rompighiaccio capace di rimescolare le carte in gioco, capace quindi di rimodulare i ruoli definiti dall’organigramma. L’attività di team building è un “palco” sul quale le persone tornano ad essere semplicemente se stesse, dimenticando ciò che ogni giorno fanno in azienda. 

individuare attivita team building efficaci
Lo staff di Chromavis Fareva compila il questionario al termine di una sessione di #Orienteering

Tracciare il comportamento dei partecipanti, interpretando le risposte consegnate, aiuta a misurarne il livello di coinvolgimento e motivazione. Questi dati forniscono informazioni vitali sulla soddisfazione complessiva e sull’entusiasmo del team, elementi cruciali per mantenere un ambiente di lavoro positivo e produttivo. Ma anche utilissimo agli organizzatori così come ai referenti aziendali con cui si organizza l’attività, per progettare scenari futuri sempre più adatti alle dinamiche del gruppo di colleghi, dei propri team di lavoro. 

Presentare dati concreti sul comportamento post-attività attraverso report strutturati consente ai professionisti delle risorse umane e ai manager aziendali di comunicare chiaramente i risultati ottenuti. E permette alla risorse in azienda di attribuire un valore concreto alle attività organizzate. In altre parole, è anche un modo molto semplice e inequivocabile per fidelizzare il proprio team, il proprio gruppo di colleghi, trovando nuovi spunti per aprire dibattiti e cercare di rendere sempre più inclusivo l’ambiente di lavoro. 

Noi di CoreFAB la pensiamo così. E cerchiamo di fare del nostro meglio per ottenere dati interessanti ogni anno. Come? Intervistando tutti i partecipanti alle nostre attività, con un questionario unico, anonimo e online, che viene proposto a tutti, indipendentemente dall’attività svolta. Un questionario, quindi, che di anno in anno viene aggiornato, ma solo al termine di un’attenta valutazione dei dati raccolti, degli scenari analizzati. Con quale scopo? Quello di aiutare le aziende che hanno bisogno di fare una scelta; le aziende che per la prima volta ci fanno una richiesta; le aziende che pensano già di sapere molto sui propri colleghi ma rimangono sorprese dall’esito inaspettato di un questionario, semplice ma chiaro, come il nostro. 

Ecco i finali raccolti nel 2023: https://www.corefab.it/survey/
Ci risentiamo tra un anno per capire come sono cambiate le cose!

Lo staff di CoreFAB

#siamotuttiindispensabili

Foto: www.unopuntoquattro.it

Come scegliere attività di team building

10 cose da sapere prima di scegliere l’attività di team building ideale per la tua azienda.

Se pensavi che organizzare attività di team building per i tuoi colleghi fosse una cosa semplice, ti suggeriamo un decalogo di riflessioni, prima di fare la tua scelta. O meglio ancora, prima di contattare CoreFAB o una qualunque altra azienda che abbia come scopo principale l’organizzazione di attività di team. Non pretendiamo di esaurire la quantità di riflessioni possibili. Questi spunti, tuttavia, potrebbero essere un buon inizio.

Definisci gli obiettivi dell’attività di team building. Qual è la ragione per cui vorresti organizzare un’attività di team building? Cosa vuoi ottenere dall’attività? Cosa vorresti ottenere dai partecipanti? Migliorare la comunicazione, aumentare la fiducia, stimolare la creatività, ragionare sul senso di appartenenza? Queste domande e le relative risposte aiuteranno noi (il fornitore) a suggerire l’attività più adatta; aiuteranno voi (il cliente) a circoscrivere l’ambito d’azione dell’intervento. Meglio che gli obiettivi siano pochi, chiari e raggiungibili. Un team che raggiunge un risultato insieme è un team soddisfatto. Un team che più facilmente potrà trasferire quanto imparato durante l’attività, nel proprio ambiente di lavoro. 

indoor team building idee
Arval durante una sessione di #YourBodyIsAPercussion all’UCI Cinemas di Firenze

Considera le dinamiche di squadra già esistenti e le personalità dei membri del team. Quanto è profonda la tua conoscenza del team? Quanto è profonda la tua conoscenza delle singole persone che compongono quel team? Una delle principali ragioni per cui ti poniamo queste domande è che, molto spesso, le attività di team building sono organizzate a squadre. Le squadre devono essere equilibrate ed eterogenee. Senza pensare, almeno per una volta, all’organigramma aziendale. 

Scegli una data e un orario che siano convenienti per la maggior parte dei partecipanti. Assicurati di pianificare l’evento in modo che non interferisca con scadenze critiche o periodi di picco di lavoro. E ricordati di contemplare anche i tempi necessari per raggiungere la destinazione da parte di tutti.

Scegli attività di team building che siano adatte agli obiettivi e alle dimensioni del tuo team. Può trattarsi di giochi, attività all’aperto, sessioni di formazione, o una combinazione di queste. Se stai facendo un brief con il tuo fornitore, chiedi sempre le ragioni per cui ti stiamo facendo una proposta piuttosto che un’altra. L’attività di team building non è un soprammobile con colore e forma definiti. Si tratta piuttosto di un’attività di cui conosci l’inizio, ma non sempre la fine. Pertanto, anche ideare gli scenari conclusivi potrebbe essere un dettaglio importante per la tua organizzazione.

Seleziona una posizione appropriata e assicurati che sia accessibile a tutti i partecipanti. Considera anche la logistica, come il trasporto, l’alloggio e le strutture disponibili. Che si noleggi un transfer, o si faccia car-pooling, non sottovalutare le opzioni disponibili per inquinare il meno possibile. 

Se le attività richiedono una guida, assicurati di avere facilitatori capaci di condurre il gruppo. Questi possono essere membri interni con competenze specifiche o professionisti esterni specializzati in team building. Per fare questa scelta, è importante interrogarsi su quale potrebbe essere l’esito dell’attività, ma anche un possibile prosieguo futuro. Se l’attività di team building diventasse qualcosa di abituale, potrebbe trasformarsi in un rituale per i tuoi colleghi, generando grandi aspettative ogni qualvolta ne proporrai. E questo rituale potrà contribuire, nel suo piccolo, al perfezionamento di una cultura aziendale che mette le persone al centro. 

Le migliori attivita di team building outdoor
Chromavis Fareva alla fine di una sessione di #Orienteering a Selva di Clusone (BG)

Chiedi al fornitore quale sia il suo modo per raccogliere feedback sull’attività, sull’esperienza fatta. E come tu possa utilizzare questi dati per riflettere su quanto farai in futuro. Per riflettere insieme ai tuoi colleghi, su quale possa essere un buon modo per organizzare una prossima esperienza. 

Comunica chiaramente i dettagli dell’evento, compresi gli obiettivi, la data, l’orario, la posizione e qualsiasi altra informazione importante. Assicurati che tutti i partecipanti siano ben informati e siano a conoscenza di cosa aspettarsi. E non dimenticare di offrire informazioni adeguate sul vestiario più adatto a godersi l’attività insieme. Soprattutto per i casi in cui l’esperienza sarà all’aperto, in natura. 

Stabilisci un budget definito per l’evento. Per l’intero evento, non solo per l’attività di team building che ti proporremo. Quando avrai deciso quale budget dedicare all’evento, o all’attività di team building, non condividerlo subito con il fornitore. Ti sembrerà assurdo che un’azienda come la nostra ti suggerisca un comportamento simile, ma questa scelta ha un perché e non è affatto controproducente, nemmeno per noi. Preferiamo preoccuparci di creare percorsi di crescita che eventi singoli. Chiedi al fornitore un racconto chiaro  di esperienze in scenari simili al tuo. E prova a progettare un percorso più ampio per la tua organizzazione. Il beneficio sarà maggiore e il budget che avevi previsto potrebbe essere modificato in base a quelle che saranno le principali esigenze della tua organizzazione. 

SkillGames team building Outdoor
Met durante una sessione di #TrainYourTeam sul Lago di Pusiano, Merone (CO)

L’attività di team building può essere un momento spensierato e divertente per te e i tuoi colleghi. Un momento tanto felice da dimenticare eventuali dissapori per generare un nuovo clima. Approfitta di questo stato di benessere momentaneo per rimediare ad alcune situazioni. O per trasmettere, alla fine, dei messaggi importanti: la soglia dell’attenzione potrebbe essere più alta e la percezione del tuo messaggio migliore, rispetto allo stesso messaggio ascoltato da dietro la scrivania.

Ecco: non è tutto, ma è molto. Ordina questo decalogo come preferisci e preparati a fare la tua richiesta. Non avere fretta. Faremo del nostro meglio per rispondere a tutte le tue domande. Così come per raggiungere tutti i tuoi obiettivi. 

Marco Menoncello

#siamotuttiindispensabili

Foto: www.unopuntoquattro.it

team building location Firenze con Corefab

Team building – il cambiamento c’è e noi lo raccontiamo (quasi senza veli). La parola a Nicoletta Caccia. 

Secondo Richard Sennet “la pratica della collaborazione in condizioni difficili può aiutare gli individui e i gruppi a prendere coscienza delle conseguenze delle loro azioni”. Vero. Senza dubbio. E quali sono le cosiddette “condizioni difficili”. Un’esperienza di sopravvivenza estrema? Una performance sportiva professionale di alto profilo? O più semplicemente, un’attività di team building che preveda di mettere a fattor comune la creatività di tutti i partecipanti per raggiungere un risultato. Creatività che spesso è latente (“vorrei, ma nel mio mestiere non è richiesta”), ahimé distante dalla propria visione (“team building? Un ottimo modo per perdere del tempo”), inaspettata (“davvero? Non immaginavo che potessimo arrivare a quel punto”). Insomma, per farla breve: chi ha detto che guadare un fiume sia più semplice che raccontare sé stessi ad un gruppo di colleghi. E così che Corefab, quando ha conosciuto Nicoletta Caccia (persona alla quale a brevissimo, lascerò la parola), ha spiegato perché #DrinknDraw in un caso (anzi tre) e #LaSvista in un altro, potevano essere degli ottimi apripista e rompighiaccio per approfondire la conoscenza di colleghi. Per aumentare il senso di appartenenza all’azienda. E per celebrare il processo di cambiamento con qualche attività che potesse emozionare i partecipanti, in un clima culturale stimolante. Va da sé che, come spiega ancora Sennet, ci sia bisogno di perizia, di esperienza, anche per allenare il processo di collaborazione. Ragion per cui il contributo di Corefab non è di per sè sufficiente se dall’altra parte, quella dell’azienda, non c’è qualcuno che abbia a cuore i suoi colleghi e sia disposto a mettersi in “gioco” (quello torna sempre, come vedete) per lasciare il segno.

Una bilancia sulla quale cuore e cervello hanno il medesimo peso – esito dell’attività #LaSvista con Alfamation.

In ALFAMATION spa quel “qualcuno” l’abbiamo trovato. Anzi, qualcuna. Si chiama Nicoletta Caccia, è una mamma, una professionista, una lettrice accanita e un’entusiasta. Non che lo facciamo apposta, ma alle volte sembra che Corefab abbia la facoltà di scegliere i propri clienti!

Ad ogni modo, Nicoletta, ti abbiamo presentato bene o manca qualcosa?

Benissimo, soprattutto mi piace che per prima cosa mi abbiate definito una mamma 😊. L’entusiasmo non manca, i libri neppure, la professionalità spero venga da sé.

Daniele Cassioli introduce il format di team building #LaSvista al management team di Alfmation.

Partiamo dall’inizio, anche perché dalla fine di solito non funziona: qual è lo stato dell’arte di Alfamation? E perché in questo momento hai deciso che ci fosse necessità di fare attività di team building e/o altri percorsi in linea?

In realtà, come sempre, nessuno fa niente da solo. Il suggerimento di provare ad organizzare “qualcosa” (all’inizio non meglio definito), è venuto proprio da un collega. Le cose calate o imposte dall’alto si sa che non funzionano quasi mai: il fatto che l’esigenza nascesse dai colleghi stessi, è ciò che mi ha spinto e motivato ad andare avanti a spron battuto. Certo, era comunque una sfida visto che attività simili non erano mai state organizzate, ma per fortuna mi sono imbattuta in COREFAB e la voglia di fare qualcosa tutti insieme si è amplificata sempre più. 

Al di là di Alfamation, e pensando anche alla tua esperienza in altre realtà, c’è una buona pratica, un modello, un’idea che ti senti di suggerire a chi si trova nelle condizioni di avere un ruolo analogo al tuo in una nuova azienda?

Beh, questa è una domanda difficilissima perché anche io, come tutti coloro che hanno ruoli simili al mio, mi barcameno come posso in acque spesso turbolente. Questo ruolo negli ultimi anni è cambiato tantissimo. Si deve stare sempre al passo e tenere gli occhi aperti e tutti i canali di aggiornamento attivi. Oltretutto, prima della dolorosa esperienza del COVID, era anche un po’ sottovalutato. Con la pandemia, ecco che gli HR di tutto il mondo sono tornati alla ribalta! Dovevano dire, comunicare, decidere in fretta cosa fare, studiare ogni giorno una normativa diversa, seguire migliaia di webinar, emanare regolamenti di smart working, ma salvaguardando la produttività, gestire anche eventualmente delle crisi aziendali, ecc. Insomma ci sarebbe voluta la bacchetta magica e/o anche la sfera di cristallo per interpretare semplicemente il giorno successivo, non i mesi successivi! Amici “maghi” dell’HR, di colpo ci siamo trovati esperti di congedi di nuova creazione, comunicazione interna, permessi di circolazione, lavoro agile, cassa integrazione, onboarding e formazione da remoto e chi più ne ha più ne metta. Ed il mondo si è accorto di noi! La flessibilità e versatilità estrema conquistate durante quel difficile periodo penso siano la chiave per affrontare sfide diverse in nuovi contesti. Quello che mi sento di dire è di restare sempre in ascolto, con umiltà: solo mettendosi realmente al servizio delle persone, senza dare nulla per scontato, si troverà la chiave per comprendere i bisogni più reconditi. L’altro consiglio che mi sento di dare (ammesso che sia la persona giusta per dispensarne) è quello di collaborare sempre con le altre funzioni aziendali. Dicevo prima che ci sono stati negli ultimi anni molti cambiamenti circa il perimetro e le competenze di chi fa HR: chi di noi non ha iniziato a lavorare – ad esempio – gomito a gomito con la funzione marketing? In un mondo che cambia così velocemente e nel quale reperire i talenti giusti è davvero complicato, riuscire a giocare di sponda lavorando sul brand aziendale è davvero essenziale.

Come si può ottenere stima e collaborazione da tutti i collaboratori?

Oddio, la stima è davvero una cosa seria; non si concede così, gratuitamente. Lo vediamo anche nel nostro privato: spesso siamo diffidenti verso l’altro e tendiamo a riconoscere con più facilità le caratteristiche negative anziché quelle positive. Io comunque credo che le persone in azienda, più di tutto, vogliano coerenza. Se si professano certi tipi di messaggi o addirittura di valori e poi si agisce in netto contrasto rispetto ad essi, le persone lo avvertiranno e capiranno che dietro all’immagine patinata non vi è alcuna sostanza. Questo le deluderà moltissimo e la disistima prenderà il sopravvento. La stima si conquista facendo delle cose (magari poche!) in linea coi messaggi che mandiamo, non dicendo tante parole che poi alla fine sono vuote. Non basta una brochure aziendale a conquistare i collaboratori, se dietro non c’è un lavoro quotidiano per “fare ciò che si vuole essere” (spero di aver reso l’idea!). La collaborazione, a mio avviso, arriva da sola quando le persone si sentono coinvolte in un progetto vero e genuino e capiscono che siamo tutti indispensabili, come dite voi di COREFAB!

Nicoletta Caccia ed un collega alle prese con il primo lavoro individuale durante il format di team building #LaSvista.

Qual è stato l’esito delle prime attività fatte con COREFAB (#DrinknDraw con un gruppo di 30 impiegati; #LaSvista con un gruppo di 15 manager, ndr).

Direi ottimo. Dalle survey effettuate è emerso che qualcuno aveva dei timori prima di fare l’attività, non sapendo cosa aspettarsi. Dopo averla fatta, invece, emerge una generalizzata soddisfazione e l’invito della popolazione ad andare avanti su questa strada.

Secondo te, è bene inserire l’attività di team building in un percorso aziendale o è preferibile che si tratti di episodi isolati? 

Così come tutti ci hanno suggerito, si vorrebbe inserire questi eventi con una cadenza almeno annuale in un programma aziendale! Il tipo di attività non ha importanza, anche se a molti piacerebbe un evento all’aria aperta: quindi preparatevi per il prossimo anno!

Noi recitiamo come un mantra l’hashtag #siamotuttiindispensabili. Secondo Corefab finché non ci si rende conto di essere tutti indispensabili, difficilmente si riesce a diventare anche responsabili del gruppo e della sua crescita. Tuttavia non tutti crescono con la medesima velocità. Come capire le differenze tra le persone? 

Ad ognuno va lasciato il suo tempo, nel rispetto di ogni diversità. Noi possiamo sollecitare, far riflettere, dare degli spunti, organizzare delle cose ma potrebbe anche esserci qualcuno che non ce la fa, che rimane ancorato al “si è sempre fatto così” e non vuole o non può cambiare. Noi dobbiamo gestire ed occuparci di tutti e tutte, c’è anche chi fa fatica ad inserirsi in un gruppo e riesce a lavorare esclusivamente da solo/a; c’è chi non vuole assumersi alcuna responsabilità perché ha troppa paura, e invece proprio dall’avere team molto eterogenei (per età, esperienza, personalità ecc) attingiamo la nostra ricchezza. Come dicevo prima, possiamo stimolare un cambiamento ed accendere una lucina, ma le cose si fanno sempre in due, tre, quattro, duecento, mille.

A Corefab abbiamo a cuore i ragazzi. Tutti i ragazzi che frequentano le scuole e devono orientarsi nel mondo del futuro. Un futuro molto prossimo che noi, a fatica, sappiamo riconoscere. Che suggerimento daresti a chiunque si trovasse nella condizione di scegliere cosa-fare-da-grande?

Le domande si fanno sempre più difficili.

Siamo di fronte a un drammatico problema demografico: bambini e ragazzi ce ne sono sempre meno. Siamo già su valori di un bambino contro 5 anziani in Italia. Trentenni e quarantenni ce ne siamo fatti scappare moltissimi all’estero. Sarebbe fin troppo facile dire che ognuno dovrebbe seguire le proprie inclinazioni, ma a 13 anni (o anche a 18) che ne sai? Quindi non resta che dar retta a noi genitori (hahaha 😊). Sicuramente alle femminucce consiglierei di intraprendere un percorso STEM 😊. C’è ancora nel nostro paese una grande scarsità di presenza femminile in certe facoltà e/o in certi percorsi lavorativi. La pandemia ci ha insegnato che al mondo servono medici e scienziati, tutto il resto è pressoché inutile 😊. Scherzi a parte, lo sapete meglio di me, ognuno dovrebbe studiare e poi fare qualcosa che lo appassiona, ma non è semplice in un contesto nel quale, appunto, le professioni si evolvono alla velocità della luce ed il perimetro delle varie attività, è solo una linea sfumata. Posso solo dire che, a meno che non si scelga un’attività estremamente tecnica e specifica (da capire quale sia!), le competenze relazionali sono essenziali per qualsiasi lavoro. Saper lavorare in gruppo con gli altri valorizzando l’apporto di tutti, ascoltarli, essere reattivi al cambiamento, imparare a pensare veloce. Le competenze tecniche si possono imparare, sulle doti umane invece bisogna lavorare sin da piccoli. Le aziende dovrebbero imparare a premiare l’attitudine più che la competenza tecnica; invece spessissimo (specie in certi settori) ancora accade il contrario. Quindi fate benissimo voi di COREFAB a supportare questi ragazzi in una fase così delicata della loro vita.

Marco Menoncello e Nicoletta Caccia
Lascolto e poi la capacita di immedesimarsi sono abilita che supportano linclusione

Allenare l’ascolto per apprezzare le voci delle diversità

Allenare l’ascolto per apprezzare le voci delle diversità. Le riflessioni di Alessandra Tatoni

Ci siamo incontrati la prima volta nel 2018, a Milano, per organizzare un’attività di team building per un piccolo gruppo di colleghi. Poi abbiamo atteso la fine della pandemia per tornare, nel 2021 a Reggio Emilia: in questo caso il gruppo era più grande e l’attività outdoor era destinata a fare riemergere quella collaborazione tra colleghi che si era assopita durante il lockdown. Ora nel 2021, con il prezioso contributo di Daniele Cassioli prima, Nicoletta Tiberini poi (rispettivamente campione di sci nautico paralimpico e musical coach dello staff di www.corefab.it), l’attività prosegue. E viene centrata sul tema dell’ascolto. E di quanto l’ascolto sia importante per apprezzare tutte le voci della diversità. Tutte le storie aziendali. Quelle storie delle persone che, per natura, sono diverse tra loro. Che costituiscono il panorama di un’azienda che riesce, umanamente, ad essere migliore solo quando le avrà ascoltate tutte. Così come sta accadendo in CBRE GWS con l’indispensabile contributo di Alessandra Tatoni, Sales & Marketing Director e DE&I Champion Italy, che abbiamo scelto di intervistare per approfondire il tema. 

Ciao Alessandra. E grazie di questo spazio, e del tuo tempo. Vorremmo che raccontassi al nostro pubblico qualcosa di te, magari partendo da una domanda che, durante le attività di team building, facciamo spesso: al di là quello che sei e fai ora, cosa sognavi fare da bambina? E come lo leghi a quanto fai oggi? 

Da bambina in realtà avevo molti sogni: dal diventare una archeologa, a scrivere la migliore storia fantastica del mondo (ma lì mi ha superato J.K. Rowling) fino a diventare regista di film!

Cosa c’è di tutti questi sogni nel mio attuale lavoro? Molto: a partire dalla visione creativa che ho sempre avuto del mondo circostante e che continua ad aiutarmi in diverse situazioni professionali; e poi la voglia di indagare, osservare, sperimentare e mettere le persone e le loro storie al centro del mio interesse.

Alessandra Tatoni, Sales & Marketing Director e DE&I Champion Italy, durante l’evento #LaSvista, negli uffici di Milano

Abbiamo vissuto qualche esperienza di team building insieme. Corefab ha conosciuto i tuoi colleghi, ne ha apprezzato l’entusiasmo e la partecipazione: credi che l’attività di team building debba diventare un rituale per l’azienda? Per tutte le aziende?

Un’attività di team building ben pensata e strutturata in base a obiettivi correttamente definiti, ritengo sia uno strumento essenziale per la crescita di un gruppo di lavoro. Perché si impara molto di più di se stessi e dei propri colleghi quando si viene “immersi” in un ambiente diverso dal proprio luogo di lavoro e si innescano delle dinamiche che scardinano un po’ le regole e gli standard.

Parliamo di ascolto. Durante l’attività con Daniele Cassioli abbiamo capito quanto è nella nostra indole prepararci per dire la nostra e quanto invece dimentichiamo che il nostro parere non conti nulla se non c’è uno scambio con altri. Se, insomma, non si ascolta l’interlocutore. Al di là dell’attività fatta, come alleni l’ascolto?

È un allenamento costante e molto faticoso perché siamo tutti strutturalmente portati a dare ascolto più a noi stessi ed alle nostre sensazioni. Ritengo che essere diventata un genitore mi abbia messo in una situazione privilegiata per allenare questa facoltà: un figlio è una persona che cambia costantemente nel corso di poco tempo ed alla quale non puoi dare risposte preimpostate, e con la quale devi necessariamente porti in atteggiamento di apertura e di ascolto.

Dal punto di vista professionale, invece, l’allenamento che svolgo abitualmente è quello di provare a sentirmi nel “qui e ora” quando ho uno scambio con qualcuno, sia essa o esso un collega, un cliente, un partner professionale. Mi sforzo di non farmi distrarre da altri pensieri, da telefonate o da mail nel momento in cui sto dedicando del tempo a qualcuno. Non è facile ma i frutti di questo allenamento mentale valgono assolutamente lo sforzo!

In CBRE ho visto persone molto sensibili all’argomento. E ho visto colleghi che hanno partecipato con entusiasmo, senza alcuna resistenza, alle attività di team building. Anzi, mi sembravano tutti ben felici di condividere un momento straordinario insieme. Come ci siete arrivati? O in altre parole, come avete ottenuto questo clima aziendale?

L’atmosfera e la disponibilità nel mettersi in gioco che hai correttamente notato, nascono principalmente dalla nostra cultura aziendale e dal costante lavoro di tutto il leadership team. Utilizziamo l’acronimo RISE per sintetizzare i valori di RISPETTO, INTEGRITÀ, SERVIZIO ed ECCELLENZA. Ecco, quando nella tua azienda la prima parola nella rosa dei valori è il rispetto, si comprende perché poi si riesca a creare un ambiente positivo e stimolante.

L’ascolto e poi la capacità di immedesimarsi sono abilità che supportano l’inclusione. Come CBRE affronta e vive questo tema. Come sta costruendo un ambiente inclusivo?

Siamo particolarmente impegnati nella promozione della diversità, equità ed inclusione in azienda. La maggior parte dei dipendenti dal 2021 è stata coinvolta in progetti dedicati all’inclusione fuori e dentro il luogo di lavoro. Ad esempio io, come DE&I Champion per l’Italia, ho la responsabilità e l’onore di promuovere all’interno di CBRE un clima di ascolto ed inclusione continui. Sono supportata in tutto ciò da un team che abbiamo chiamato “Just Be”, di circa 100 persone che mettono a disposizione il loro tempo e la loro energia nello sviluppo di 5 progetti dedicati a: sviluppo della leadership femminile e superamento del gender gap, linguaggio inclusivo, lotta all’abilismo e supporto sul territorio contro le barriere architettoniche, inclusione transgenerazionale. Il tutto supportato da un team di comunicazione creato ad hoc. 

Come le attività che state organizzando in CBRE GWS contribuiscono a migliorare il senso di appartenenza all’azienda?

Il senso di appartenenza, un po’ come la responsabilità, è qualcosa che non si può imporre e che ognuno deve sentire e vivere pienamente. Le attività ed i progetti che stiamo portando avanti con il team JustBe, e anche tutti i progetti legati alla formazione ed al team building, hanno il pregio di coinvolgere le persone, contribuiscono a affrontare dei temi che non sono scontati e fanno comprendere a tutti che l’azienda è in ascolto ed è pronta a valorizzare l’unicità di ognuno. 

Da sinistra: Alessandra Tatoni, Marco Menoncello e Daniele Cassioli, durante l’evento #YourBodyIsAPercussion a Bologna
Marco Menoncello
LaSvista con Daniele Cassioli e PINI GROUP

Il team building supporta l’inclusione delle differenze culturali? 

Risponde Fabio De Martino di PINI GROUP.

COREFAB, il team building supporta l’inclusione delle differenze culturali? 

Qualche settimana fa sono stato contattato da Fabio De Martino, attualmente Group Chief Innovation Officer (CIO) di Pini Group. Non conoscevo Fabio, non conoscevo l’azienda di cui fa parte. 

Non conoscevo nulla di lui. Come del resto capita ogni volta che Corefab affronta una nuova conversazione, con un nuovo cliente. Tuttavia, quando cerco di approfondire le ragioni che hanno condotto Fabio sul nostro sito web ricevo (sintetizzo) questa informazione: “la nostra è una realtà dove c’è ampio spazio per le differenze culturali. Diversa provenienza delle persone, diverse culture, diversa lingua. Ecco, dovremmo usare l’attività per sorpassare questo ostacolo. Per mettere da parte le effettive diversità e trovare metodi per facilitare la comunicazione, per migliorarla su diversi fronti. Cosa ci consigli?

E dopo aver elaborato tre proposte, troviamo l’attività ideale: #LaSvista, con Daniele Cassioli, mettendo al centro il tema dell’ostacolo. E chiedendo a tutti i partecipanti, bendati, di realizzare con la creta una metafora del loro ostacolo principale alle relazioni. Iniziamo da qui anche con Fabio. 

Fabio, qual è il tuo più grande ostacolo alle relazioni personali? Cosa hai costruito durante l’attività di team building organizzata recentemente?

Per quanto mi riguarda i maggiori ostacoli derivano dalla paura del giudizio altrui, che spesso sfocia in una continua, seppur sterile, ricerca di apprezzamento e accettazione. Sommo a questo anche un “briciolo” di sindrome dell’impostore, che tende a non farmi sentire “abbastanza” anche all’evidenza dei risultati (abbastanza bravo, abbastanza competente, abbastanza preparato).

Durante l’attività di Team Building ho costruito una freccia. Che per me rappresenta proprio il giudizio altrui, spesso superficiale e veloce nell’essere scagliato, ma in grado di ferire chi lo riceve, proprio come una freccia. 

Oggigiorno questo tema è ancor più amplificato a causa dei social. Chi ha un minimo di esposizione pubblica deve imparare a gestire tutto questo. 

Piano piano sto cercando di riuscire a gestire questi aspetti, ma il lavoro da fare è continuo. 

È stato interessante ascoltare i tuoi colleghi rispondere alla stessa domanda? Se sì, perché?

Assolutamente sì. Penso che parlare dei propri ostacoli, delle proprie paure e dei propri timori ci renda umani e ci avvicina all’altro. 

Scoprire che molti colleghi hanno i miei stessi timori è stato quasi liberatorio perché, in fondo, non si è soli con le proprie paure.   

Ognuno di noi è “incompleto”, manchevole in qualcosa e portatore sano di difetti. Ma lavorando come squadra siamo in grado di superare i limiti del singolo. Questa è la consapevolezza che ci siamo portati a casa dopo l’attività di Team Building.

Facciamo un passo indietro. Chi è Pini Group? Cosa fa? E perché oggi affronta il tema delle diversità culturali e linguistiche?

Siamo una società di ingegneria nata in Svizzera e con oltre 70 anni di esperienza e storia. 

Negli ultimi anni la società è cresciuta molto. Da realtà locale a conduzione familiare oggi Pini è un player internazionale dell’engineering, con uffici in Italia, Algeria, Argentina, Austria, Australia, Bolivia, Francia, Portogallo, Norvegia, Israele, Brasile, Canada, Cile, Ecuador, Grecia, India, Malesia, Nepal, Perù, Turchia e Stati Uniti. Abbiamo circa 800 collaboratori impegnati in servizi di progettazione, direzione lavori e consulenza.

Detto questo penso che si possa capire perché oggi affrontiamo il tema delle diversità culturali e linguistiche, che per noi rappresenta, al tempo stesso, una sfida ed un’opportunità. 

L’attività di Team Building l’abbiamo affrontata durante il Management meeting della Business Unit Svizzera e Austria. Già se ci focalizziamo all’interno della Svizzera vediamo ci sono diversità linguistiche e culturali che rappresentano un unicum in tutto il mondo e che devono diventare un fattore di successo, piuttosto che una limitazione. 

Puoi spiegare il tuo ruolo in Pini Group e come contribuisci all’inclusione di tutte le differenze presenti in azienda?

In Pini ricopro il ruolo di Group Chief Innovation Officer. Quello che cerco di fare è interpretare i cambiamenti di un mondo in continua evoluzione per far sì che il successo di oggi possa consolidarsi, ed anzi essere amplificato, domani. 

La verità è che sarà sempre più difficile renderci conto della velocità con la quale il futuro sta arrivando, della velocità con la quale la società (ed i bisogni delle persone) stanno cambiando. 

In uno scenario come questo la capacità di adattarsi, di ri-combinare conoscenze e saperi per riuscire a creare innovazione costituirà il vero vantaggio competitivo, per le aziende. 

Ed è proprio qui che entra in gioco il dipartimento innovazione. Con una visione molto romantica direi che il futuro dobbiamo avere la forza di plasmarlo, piuttosto che la passività di subirlo. 

Un mattoncino alla volta stiamo cercando di costruirlo.

Quando si parla di innovazione le “differenze”, siano esse culturali, linguistiche, socio-economiche sono un valore aggiunto imprescindibile. La capacità di lasciarsi contaminare e di ascoltare gli altri diventa una prerogativa per chi vuole veramente innovare. 

Insomma: per avere una prospettiva servono due punti di vista differenti, uno non basta. Ecco come l’innovazione contribuisce all’inclusione, semplicemente non la combatte, ma la valorizza.  

Al termine dell’attività, a pranzo, abbiamo parlato di come sia difficile istituire una lingua ufficiale aziendale, condivisa da tutti. Non che sia difficile di per sé, naturalmente. Ciò che è difficile è che tutti la accettino con il medesimo livello di gradimento. E allora, come si può arrivare, anche più lentamente, ad una possibile soluzione condivisa e accettata da tutti, secondo te?

Direi che questa domanda è tutt’altro che banale. È molto importante che il gruppo arrivi a metabolizzare la tematica linguistica, ma lo stesso vale per qualsiasi altro tema differenziante, prendendo consapevolezza del bisogno che ne deriva e partendo con l’accettazione dell’altro, in quanto tale, con le sue limitazioni. 

La somma di accettazione e consapevolezza non può che portare ad un equilibrio che il gruppo stesso cercherà di favorire. 

Parliamo di Pini Group. Qual è l’attuale direzione? 

Per rispondere a questa domanda voglio usare le parole del nostro CEO, Andrea Galli. Una fotografia che ben descrive, oggi e domani, il nostro gruppo: 

“La nostra più grande sfida è quella di essere un gruppo aziendale che sappia mantenere il dinamismo tipico di una task-force.

Per consolidare il continuo sviluppo delle attività vanno ora coltivati quei fattori che hanno determinato la nostra crescita negli ultimi anni. Agilità e velocità di azione, che si traducono in: processi decisionali brevi, capacità di delegare e adattamento delle competenze alle variabili del momento. 

Pragmatismo e concretezza: il che significa seguire una linea precisa e applicare concetti conosciuti e affidabili in pochi e solidi passi. 

Competenza ed eccellenza: la ricerca del continuo miglioramento, misurandosi con se stessi e con competitors su scala locale e internazionale. 

E soprattutto passione: la voglia di contribuire alla realizzazione di opere prestigiose e alla crescita di un nuovo gruppo, sbarazzino, talvolta sfrontato, ma essenzialmente innovatore. 

Una visione olistica, dove l’unità di gruppo è l’insieme di individualità eclettiche, dove le peculiarità del singolo formano l’insieme di abilità del gruppo. Piccoli imprenditori in una rete performante, che si appassionano all’operato, ma si lasciano ancora sorprendere da ciò che il futuro loro serba.”

Penso che ci sia poco da aggiungere per descrivere la nostra traiettoria. 

Finiamo con una domanda personale: sappiamo che sei papà e ne fai piacevole menzione sul tuo profilo Linkedin. In qualità di genitore, non più di professionista, cosa consiglieresti a chi oggi, giovanissimo, si affaccia al mondo del lavoro? Cosa hai imparato che puoi trasferire alle nuove generazioni?

In primis devo dire che il genitore non termina dove inizia il professionista e viceversa. Spesso sento dire che bisogna lasciare fuori dal lavoro le emozioni della vita personale e, al contrario, non bisogna portare il lavoro a casa.

Non sono d’accordo con questa visione. Personalmente ho una visione più globale, dove vita personale e professionale devono coesistere ed entrambe formano la persona in quanto tale. 

Volendo dare tre consigli darei questi:

  1. Non smettere mai di formarsi. Spesso da giovani si pensa che dopo il diploma, o la laurea, si possano “appendere i libri al chiodo”. Oggi, per fortuna, non può essere così. C’è una necessità oggettiva di continuare a formarsi (ed informarsi) mantenendo un elevato tasso di curiosità. 
  2. Bisogna essere se stessi e bisogna trovare le proprie unicità. So che sembra banale, quasi da “guru motivazionale” ma personalmente ho condotto i primi anni della mia carriera cercando di “somigliare” agli altri. La svolta c’è stata quando ho capito che potevo dedicare del tempo a costruire competenze ed esperienze utili a rendere il mio profilo “unico” rispetto agli altri, il tutto allineato con la mia natura e le mie passioni. 
  3. Bisogna imparare a perdonarsi. Anche questa cosa l’ho imparata, purtroppo, non subito. Sia in ambito universitario, sia in ambito lavorativo, mettevo il risultato davanti ad ogni cosa. Con il tempo ho imparato che i risultati dipendono anche da fattori che non possiamo controllare e che la sera, davanti allo specchio prima di andare a dormire, quello che conta è guardarsi sapendo di aver dato il proprio massimo. 
Marco Menoncello
ABB lavora con Corefab

Il coraggio di organizzare un non-sales meeting per ascoltare le persone

La parola a Veronica Meloni, HR Business Partner di ABB

Ho conosciuto Veronica in un’occasione molto speciale. Provo a sintetizzare.

ABB cercava di organizzare l’annuale sales meeting per il Local Sales e Service unit della Divisione Measurement & Analytics.

Tuttavia i manager dell’organizzazione hanno fatto emergere che i loro collaboratori avessero bisogno di qualcosa di diverso da un meeting tradizionale con case e dati, con performance e indicazioni, seppur preziose, sullo stato delle cose.

Forse perché, “lo-stato-delle-cose-in-azienda” include obbligatoriamente anche tutti quei rapporti personali che riguardano le persone, e le loro relazioni, in senso stretto. E ancora “lo-stato-delle-cose-in-azienda” non può prescindere dalle persone che, di fatto, l’azienda la vivono e fanno crescere tutti i giorni. Così, con l’appoggio dei colleghi Paolo Fumagalli, Loredana Tullio e Valerio Pazzini e con il supporto di Corefab società benefit, quel sales meeting è diventato, in men che non si dica, un “non-sales meeting”.

E infatti, con grande partecipazione organizzativa di tutti i soggetti citati, la riunione annuale si è trasformata in una due giorni di workshop e team building con un duplice obiettivo: analizzare gli stereotipi aziendali e mettere, nero su bianco, le perplessità, debolezze e paure di tutti i collaboratori; trasformare questi stereotipi in modello positivi, così da rafforzare le collaborazioni in essere ed approfondire la conoscenza reciproca dei partecipanti.

E senza andare oltre, chiediamo alla diretta interessata, come è stato.

● Veronica, ben trovata. Iniziamo dalla fine: come ti sei sentita al termine dell’evento organizzato insieme?

Mi sono sentita soddisfatta ed entusiasta. Sono stati due giorni unici e davvero ricchi di emozioni ed opportunità.

● Ora, torniamo all’inizio, con quella domanda da cui siamo partiti: quale fu il tuo primo lavoro? Cosa hai avuto l’occasione di imparare?

Il mio primo lavoro?

A 16 anni mi sono ritrovata a fare da baby-sitter ad una bambina di 6. Il mio insegnante di Aikido aveva bisogno di qualcuno che aiutasse la sua unica figlia con i compiti così, mi propose il “lavoro” ed io accettai con curiosità ed anche un po’ di timore.

Ho imparato a prendermi cura di lei, a cercare di capirla ed ho capito che mi piaceva molto vederla crescere e mi dava soddisfazione quando ascoltava i miei suggerimenti…   tant’è che ancora oggi nel mio lavoro cerco di prendermi cura delle persone e di capirle…

● Quindi, perché un non-sales meeting? E perché un lavoro di approfondimento sugli stereotipi aziendali?

Dopo più di due anni di pandemia, di distanza e di cambiamenti organizzativi dettati dalla nostra organizzazione globale avevamo tutti bisogno di ritrovarci.

Così avevo proposto a Paolo Fumagalli (Local Division and Sales Manager) di pensare ad un meeting, magari un po’ d’ispirazione e lui ha pensato di organizzare un Sales Meeting.

Poi però, ci siamo resi conto che avevamo bisogno di cercare di andare oltre. ABB è molto attenta ai temi della D&I, ha lanciato un manifesto e abbiamo diversi gruppi di colleghi volenterosi e volontari che stanno lavorando sui temi del gender, generation e abilities.

Già dall’anno scorso abbiamo lavorato sui temi del pregiudizio e proprio grazie a tutti questi spunti abbiamo pensato di concretizzare dei concetti nel nostro vissuto quotidiano, per le nostre persone. Il supporto di Loredana (Hub Marketing & Communication Manager) è stato fondamentale.

Già dall’anno scorso abbiamo lavorato sui temi del pregiudizio e proprio grazie a tutti questi spunti abbiamo pensato di concretizzare dei concetti nel nostro vissuto quotidiano, per le nostre persone. Il supporto di Loredana (Hub Marketing & Communication Manager) è stato fondamentale.

● Qual è stata la reazione dei collaboratori di ABB? Avete fatto una survey conclusiva? Di cosa credi che abbia beneficiato il gruppo, in particolare?

Tutti i colleghi sono stati entusiasti, hanno tutti apprezzato tantissimo e ci hanno ringraziato per l’evento, l’esperienza è stata unica. Anche la survey è stata un successo (nessuno si è lamentato… : – ) ).

Probabilmente l’effetto sorpresa in crescendo è stato l’altro fattore vincente ma la cosa che credo sia stata davvero apprezzata è che abbiamo parlato di loro, dei loro bisogni, abbiamo messo al centro loro e di come quotidianamente si può superare un pregiudizio a seconda dell’atteggiamento che si vuole adottare.

Oltre al fatto che ritrovarsi tutti insieme dopo più di due anni, ti permette di vivere quella dimensione della condivisione di emozioni che probabilmente tramite un video e le mail si erano un po’ perse.

● Nella progettazione dell’evento hai avuto modo di riflettere con un giovanissimo Marcos Sanchez, facilitatore esperto di processi: quanto è stato importante collaborare con lui?

Marcos, così come Marco, ci hanno aiutato a tradurre i nostri pensieri nell’attività “formativa” e di team building.

Noi abbiamo dato lo spunto sugli stereotipi delle funzioni e lui ci ha guidato sul come costruirla, mi è piaciuto molto il suggerimento di passare dallo stereotipo negativo al modello positivo, ha arricchito moltissimo l’esperienza ed ha creato poi il collegamento all’attività del secondo giorno: la svista che è stato un altro momento davvero emotivamente coinvolgente, arricchito ulteriormente dalla presenza di Daniele Cassioli.

● Durante l’evento ti ho visto emozionata, più volte, per merito delle potenti parole di Daniele Cassioli. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?

Non conoscevo Daniele e sono stata potentemente e positivamente rapita dalle sue parole e dal suo esempio.

La sua autoironia è fantastica e non trovo un termine solo per definire lui perché è stato davvero emotivamente coinvolgente, unico ed eccezionale.

Mi sono emozionata perché ha espresso dei concetti davvero chiave per la vita di ciascuno che si possono applicare al mondo del lavoro ma anche e soprattutto alla vita di tutti giorni.

Ciò che mi è entrato dentro è quanto sia importante l’atteggiamento, Daniele ce l’ha raccontato condividendo la sua esperienza di vita ma ognuno di noi può davvero fare la differenza se lo vuole e per me, che lavoro nella funzione risorse umane è fondamentale tenerlo ben in mente.

Ci ha parlato del tema della fiducia… insomma tanti tanti spunti arricchenti e fermarsi a riflettere non ci è sempre concesso.

● Noi di Corefab ripetiamo in continuazione che #siamotuttiindispensabili. L’abbiamo fatto diventare un hashtag, un credo, un mantra. Vale anche in ABB?

Aggiungere Unici e quindi sì, vale sicuramente anche per ABB che chiede alle sue persone di mettersi in gioco con coraggio, prendendosi cura di quello che fanno collaborando con curiosità e questi sono i valori di ABB quindi direi che siamo più che allineati.

● Nel tuo ruolo, cosa puoi suggerire ai più giovani per vivere al meglio le relazioni professionali nel luogo di lavoro?

Quello che dico spesso è che passiamo al lavoro tantissimo tempo ed è per questo fondamentale costruire relazioni positive, di collaborazione e di fiducia reciproca.

Questo ci permetterà di crescere sempre, sia professionalmente ma anche umanamente. Il creare relazioni costruttive ci permetterà di poter condividere anche i momenti di difficoltà perché come nella vita privata anche nella vita professionale si incontrano, ma questo non deve spaventare ma deve essere elemento di stimolo per fare di meglio chiedendo anche l’aiuto o il supporto ad un collega o al proprio responsabile.
Quindi concludo ringraziando i miei compagni di avventura, Loredana, Valerio che ci ha seguito e Paolo che ci ha creduto; voi tutti di Corefab che ci avete aiutato e Daniele che ci ha ispirato. Un’esperienza unica, arricchente e per me questo rappresenta bell’inizio…

Marco Menoncello
Teambuilding Daniele Cassioli

Guardare oltre. La cura nei rapporti come stimolo positivo.

Il grande viaggio di Corefab nello studio di soluzioni efficaci per le aziende alle volte prende strade e declinazioni diverse da quelle di origine. Questo accade quando ci si ferma a pensare a come le attività di team building possano essere un grande supporto anche per segmenti di mercato differenti da quelli che abitualmente si rivolgono a noi.

È nato così, da un’attenta analisi delle risorse che Corefab poteva mettere a disposizione per incontrare il mercato della silver economy, il nostro nuovo progetto indirizzato a coloro i quali dedicano la loro vita professionale alla cura delle persone con fragilità sociali.

Chi si occupa delle persone e della loro cura ha la necessità di essere sempre in grado di ricevere stimoli che gli permettano di vedere oltre il semplice lavoro, cogliendo gli aspetti più importanti legati alla sensibilità, all’umanità e alla crescita continua.

Il ruolo di Corefab, in questa occasione, è diventato quindi ancora più importante. Perciò abbiamo deciso di circondarci di partner con una particolare attitudine sia sulle tematiche trattate che sull’obiettivo legato alla fiducia reciproca, allo scopo di alimentare la qualità delle relazioni.

È stato coinvolto un grande amico di Corefab, Daniele Cassioli , (Marco Menoncello e Daniele Cassioli in passato hanno collaborato per lo spettacolo teatrale “La Svista”) pluricampione mondiale di sci nautico, membro del consiglio nazionale del Comitato Italiano Paraolimpico, presidente del Real Eyes Sport (associazione sportiva senza scopo di lucro) nonché formatore aziendale e autore del libro “Il Vento Contro”.

Daniele, attraverso un percorso formativo dedicato alle aziende, porta la sua storia ed esperienza di sportivo non vedente trasformando la realtà in un viaggio meraviglioso attraverso l’utilizzo e lo stimolo di tutti i sensi, mettendo in evidenza come il nostro istinto ci faccia sfruttare solo una piccola percentuale del loro potenziale.

Al fianco di Daniele, oltre allo staff interno di Corefab con Chiara Marelli, facilitatrice ad un tavolo di lavoro e Marco Menoncello, coordinatore dell’intera attività, abbiamo abbinato altri professionisti:

Samantha Zintu, responsabile della formazione aziendale per Poleposition.tech Laura Bricola, educatrice professionale.

Per questa missione unire le forze era indispensabile.

Sulla base di queste premesse e con una nuova sfida da affrontare, insieme a Samantha e Daniele abbiamo dato vita ad un nuovo format, adattando una delle nostre attività di team building e declinandola per lo staff di Domitys , realtà che da anni si occupa di fornire (sia in Italia, sia in Francia) strutture abitative in cui far vivere in sicurezza la terza età, senza rinunciare ai propri spazi, alla privacy e semplificando lo stile di vita, grazie al supporto costante di un team di professionisti e collaboratori.

La giornata di team building ha avuto inizio facendo scendere in campo Orietta Coppi, General Manager di Domitys che, grazie alla profonda conoscenza del suo staff, ci ha permesso di creare le giuste squadre affinché potessero ottenere il migliore risultato dall’esperienza che stavano per scoprire.

Partendo quindi dal grande tema della Cura, importante per tutti coloro che lavorano nel campo sanitario, sono state individuate 4 macro categorie da cui partire per l’attività proposta:

  • Creatività
  • Comunicazione
  • Economicità
  • Motivazione

All’interno di queste 4 aree è stato importante focalizzarsi sul raggiungimento dell’obiettivo chiave della giornata:

Prendersi cura di sé stessi aumenta la possibilità di farlo con gli altri, migliorando la gestione delle relazioni della vita quotidiana.

Fissati tutti i cardini, la sfida ha avuto inizio.

Daniele Cassioli teambuilding
Daniele Cassioli – Pluricampione mondiale paraolimpico

Daniele ha aperto i giochi con uno speech motivazionale indirizzato a sollevare l’attenzione verso le innumerevoli opportunità date dagli organi di senso a disposizione del corpo umano, considerando che tutti i componenti di ogni squadra sarebbero stati privati di uno di questi: la vista.

“Ma niente paura, essere privati della vista, vi permetterà di guardare oltre” (Cit.Daniele Cassioli)

Con il solo utilizzo di tatto e olfatto, quindi svolgendo l’attività bendati, è stato chiesto a tutti di aprire una scatola misteriosa dove i partecipanti hanno trovato attrezzatura e materiali per costruire qualcosa che rappresentasse le caratteristiche del “luogo ideale” per ogni componente dell’equipe.

Al termine dell’attività è stata rimossa la protezione dagli occhi e ognuno ha raccontato il proprio elaborato avendo cura che il messaggio trasferito ai presenti potesse descrivere, senza timore, le sensazioni che la sfida aveva suscitato.

Il risultato è stato oltre le aspettative.

Molti dei partecipanti (facenti parte della stessa squadra) hanno costruito un cuore senza che gli altri ne fossero a conoscenza.

Abbiamo visto mani e ponti, simboli di opportunità e crescita. Esattamente gli obiettivi che ci eravamo prefissati e a cui sono arrivati in maniera naturale e spontanea.

Il primo tempo della sfida aveva già fatto emergere i giusti stimoli per affrontare la seconda parte della giornata.

Un breve questionario online inviato nell’intervallo tra il primo e il secondo tempo ha fatto emergere tutte le emozioni con le quali i partecipanti avevano affrontato l’attività e ha permesso di dare il via all’intervento pomeridiano tenuto da Samantha, la quale ha portato l’intera equipe a riflettere sull’importanza di lavorare al meglio, in un clima di condivisione e serenità.

Se è vero che #siamotuttiindispensabili, per essere tali l’atteggiamento deve essere quindi positivo e rivolto alla condivisione, così come lo è stata questa giornata breve e intensa, in ogni suo attimo.

E’ diventato chiaro e tangibile che la consapevolezza verso la cura dei rapporti interpersonali, si riflette direttamente anche sulle persone più fragili e bisognose, sia in una struttura per anziani come Domitys, che in altre realtà dove l’attenzione per il prossimo deve rimanere sempre alta.

L’equipe ora ha uno strumento in più per guardare oltre, per vedere con il cuore, le mani, le emozioni.