Team building – Perché #DrinknDraw è un ottimo apripista?

Perche DrinknDraw e un ottimo apripista

Il paragone con lo sci, secondo noi, è molto azzeccato. Secondo il dizionario online di Treccani, l’apripista è “lo sciatore che nelle prove alpine percorre la pista prima che prenda il via il primo concorrente”. E in senso figurato, molto più interessante per noi, “chi per primo intraprende o sperimenta una nuova attività”. E ancora, secondo il dizionario online de Il Corriere della Sera si tratta dello “sciatore che batte una pista con gli sci per renderla scorrevole”. Come spesso capita nel nostro lavoro, lo sport offre spunti interessanti per l’interpretazione delle attività. Per aiutarci a capirne il senso e comprenderne il valore. Ciò perché ogni attività di team buildingrepetita iuvant – deve essere scelta accuratamente. Il suo svolgimento deve essere chiaro a chi in azienda la propone, la organizza. Altrimenti diventa difficile ipotizzarne gli esiti e, quindi, rendere utile la programmazione di queste attività. Soprattutto quando si tratta della prima volta. 

Guido Groppi racconta il vino durante una sessione di #DrinknDraw a Thiene, Vicenza.

Tornando quindi alla nostra domanda (quella del titolo), e sfruttando a nostro vantaggio il paragone sportivo, noi di Corefab pensiamo che #DrinknDraw sia un ottimo apripista (del benessere aziendale) per almeno tre ragioni che dobbiamo però elencare in senso logico: 

  • sono ancora molte le aziende che non hanno mai organizzato un’attività di team building strutturata. Un’attività che preveda un percorso: una domanda iniziale su cui riflettere, un esito da perseguire. Un’attività che presupponga, effettivamente, la collaborazione di tutti per arrivare ad un risultato. Quasi due su tre delle aziende che ci contattano lo fanno per la prima volta. Ciò ci suggerisce che il primo passo in questa direzione dovrà essere un’attività “apripista”, appunto. Un’attività che possa bussare alla porta dell’azienda, cercando di rendere l’esperienza (e la visione che l’esperienza si porta appresso) scorrevole. Così come fa quel primo sciatore che batte la pista. Diversamente, il rischio che l’esito della prima attività sia negativo è alto, altissimo;
  • se il mercato è davvero composto da attori che di attività di team building non ne hanno mai fatte (o ne hanno fatte poche), è bene che la prima sia un’attività di gruppo dove tutti possano collaborare, ma nessuno, singolarmente, si senta a disagio. Un’attività che preveda un risultato di gruppo e che non costringa nessuno ad esibirsi pubblicamente potrebbe essere l’inizio ideale. Il gruppo potrà proteggere gli elementi più timidi, riservati; i membri più aperti ed estroversi potranno invece contagiare i primi, nella speranza di ottenere un forte risultato di gruppo, anticipando la possibilità di generare un grande senso di appartenenza. Dove ognuno possa acquisire naturalmente il proprio ruolo nel gioco, presumibilmente diverso da quello previsto dall’organigramma aziendale;
  • ultimo, ma non certo per importanza, un mero dato economico: l’azienda che per la prima volta si trovasse nella necessità o volontà di organizzare un’attività di team building per i propri collaboratori potrebbe non conoscere la dimensione dell’investimento necessario. E anche se avesse previsto un budget per l’attività è possibile che sia (ragionevolmente) contenuto. Del resto, quante volte di fronte all’acquisto di qualcosa di “nuovo” meditiamo a lungo prima della scelta, nella speranza di fare l’acquisto più adatto a noi? E magari cerchiamo qualcosa che sia economicamente abbordabile? Ha perfettamente senso: la prima attività di team building, quella che consideriamo l’apripista di una cultura aziendale, deve essere accessibile, abbordabile. Senza tuttavia rinunciare ai risultati. Il primo episodio (così come gli altri, del resto) deve essere qualcosa di memorabile per tutti. O per quante più persone possibili. La prima volta non si scorda mai. Meglio che sia qualcosa di cui si possa avere buona memoria. E che sia divertente. 
Marco Menoncello introduce #DrinknDraw al team di Nexi Digital a Fara Gera d’Adda (BG)

Attenzione, è bene aggiungere un dettaglio importante circa il contesto economico: capita di frequente che l’ostacolo economico sia comunque di entità minore rispetto a quello culturale. Laddove la disponibilità economica sia grande, non è detto che ci sia la cultura per investire nel benessere passando per un’attività che preveda il gioco tra i colleghi. Questa è una ragione in più per cui il primo episodio di team building dovrà essere qualcosa di accessibile e che, nell’arco di due ore e mezza circa, possa generare dei risultati apprezzabili. 

Ora, tornando alla nostra domanda, perché #DrinknDraw è tutto questo? Forse è meglio spiegare nel dettaglio come funziona l’attività.

L’attività di team building #DrinknDraw prevede la creazione di un’etichetta di vino speciale che rappresenti un tema importante su cui l’azienda vorrebbe far riflettere il proprio team, i propri collaboratori. Questa attività prevede la collaborazione di tutti i partecipanti divisi in squadre, pur senza rischiare di esporre eccessivamente i personaggi più riservati, che beneficeranno del gruppo per esprimere il proprio potenziale. Un canvas, con un percorso guidato, aiuterà ogni squadra ad arrivare a destinazioni inaspettate. 

Nella prima fase, un sommelier farà un piccolo brief tecnico, con lo scopo di offrire tre coordinate necessarie alla descrizione tecnica di qualunque vino. E facendone assaggiare un sorso a chiunque volesse (attenzione: non è una degustazione di vino). A seguire, il team builder chiederà alle squadre di nominare “al buio” quattro diversi ruoli per ogni team (mkt manager, copy master, team sommelier e team leader). Fatto ciò i responsabili di ogni team, a turno, riceveranno l’assegnazione di un compito speciale per la loro squadra. La nomina di questi ruoli sarà libera. Il gruppo naturalmente sceglierà chi troverà più adatto al titolo, allo scopo. Pur senza poter prevedere quale task a queste persone verrà assegnato. È così che capita spesso che alcuni si sentano di osare, di lanciarsi, contagiati proprio dalla forza del gruppo

Uno dei team di Otovo, al termine di #DrinknDraw, si prepara per la foto “di cantina”

Nella seconda fase, a tempo, ogni squadra, seguendo il canvas di cui abbiamo fatto cenno, dovrà inventare e raccontare la storia del suo vino, della sua etichetta speciale, parafrasando il team assegnato inizialmente. Ciò mentre una parte del team, con i materiali contenuti in una speciale box di legno, si impegnerà per realizzare l’etichetta del proprio vino, cercando di confezionare la propria bottiglia vuota al meglio delle proprie possibilità e realizzando anche una speciale coreografia per la “foto di cantina”. Questa è la tipica situazione nella quale tutti fanno qualcosa. Tutti si sentono chiamati a dare il proprio contributo per lo svolgimento dell’attività. E laddove non lo facessero, si tratterà solo di dar loro di tempo. Qualche minuto in più per testare il clima del gruppo e trovare il momento giusto per intervenire. Per dire la propria. Per contribuire al risultato. 

Al termine, uno o più rappresentanti per ogni team, racconterà alla popolazione aziendale il proprio vino, la propria interpretazione del messaggio assegnato inizialmente per tramite dell’etichetta creata. Aggiungendo poi le ragioni che lo rendono speciale, diverso, originale. Il team userà il canvas per preparare il proprio speech e dovrà esibire l’etichetta di vino speciale realizzata, preparando il terreno per una conclusione che sia un’occasione per condividere un pensiero creativo con i propri colleghi celebrando il proprio team. Il risultato, sempre inaspettato e sempre originale, permetterà di condividere determinate capacità creative personali, collaborando e promuovendo l’idea di in un buon clima aziendale, spensierato e stimolante. E che tuttavia dovrà avere un senso. Dovrà condurre ad una spiegazione. Una riflessione che sarà condivisa e offrirà a tutti ulteriori spunti per apprezzare quanto la diversità di ogni gruppo sia un valore da celebrare. 

I ragazzi di Deloitte in posa, al termine di #DrinknDraw, per la foto “di cantina”

Per finire, il risvolto economico: #DrinknDraw è un percorso guidato stabile. Facilmente adattabile nella misura del tema e della storia aziendale. È gestito sempre da uno staff limitato a tre persone tra conduttore (una persona che introduca l’attività, ne detti i tempi e supporti le conclusioni), un sommelier (un professionista che offrirà la giusta ispirazione raccontando una storia vinicola in linea con le richieste aziendali), un fotografo (non solo per il reportage dell’attività, ma anche per la creazione della foto di gruppo, di “cantina”, finale a completamento del canvas). La presenza di sole tre persone e la semplicità strutturale del format (anche in relazione ai materiali che lo caratterizzano) fanno sì che il format sia pronto rapidamente e a prezzi accessibili. E ha condotto questa attività a diventare il best seller di Corefab società benefit. Ormai replicato in tantissimi contesti diversi e con finalità sempre nuove. Il migliore team building apripista che potessimo offrire per iniziare a ragionare sullo stato di benessere del gruppo. Anche per effetto della survey online anonima che oggi lo conclude e ci permette di analizzare quanto successo durante l’attività. 

Insomma, l’attività di team building #DrinknDraw pare che sia il giusto compromesso per “aprire la pista” di una nuova cultura aziendale. E lo fa, in modo del tutto italiano, con un piccolo assaggio di vino. Come rinunciarvi? 🙂

Marco Menoncello

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